La franchigia texana sogna un titolo che manca dal 1995, con Harden leader indiscusso e un cast di supporto di tutto rispetto da Howard a Beverly, da Ariza a Jones. Ma le incognite su gioco e solidità di squadra restano.
Mai tanto in basso da poter pensare a un opera di rifondazione completa, mai troppo forti da poter ambire senza timori al titolo Nba: il limbo in cui gli Houston Rockets galleggiano da un decennio abbondante a questa parte sembra di quelli senza via d’uscita.
A fine anni ’90 i veterani Barkley, Olajuwon e Drexler non andarono oltre la finale di Conference, mentre il progetto di ricostruire un’asse vincente grazie al duo Tracy McGrady-Yao Ming si è infranto di fronte alle fragili condizioni fisiche dei due All Star (miglior risultato raggiunto, la semifinale di Conference 2009 persa 4-3 coi Lakers futuri campioni Nba).
Tra annate insipide, playoff sfuggiti di un soffio e brucianti eliminazioni a nastro al primo turno, l’approdo in Texas nell’ottobre 2012 del “Barba” Harden ha smosso finalmente gli equilibri, e portando quel salto di qualità tanto atteso. Ma come interpretare la finale di Conference persa 4-2 contro i Warriors futuri campioni Nba? Punto di partenza per ricominciare a pensare in grade, o punto di arrivo di un gruppo spremuto al massimo e andato forse anche al di sopra delle proprie capacità?
Confermato praticamente in toto il nucleo dello scorso anno (con Smith, Brewer e Terry free agent), la pietra fondante del progetto rimane ovviamente James Harden – secondo solo a uno strepitoso Steph Curry nella lotta all’Mvp dello scorso campionato – coadiuvato da un quintetto tipo con Beverly (assente per infortunio ai playoff dello scorso anno), Ariza, Jones, e Howard.
Sfumato il sogno Aldridge in spot 4, a Houston sembra comunque mancare qualcosa per essere considerati una reale favorita al titolo, con un’eventuale conquista dell’anello bancata di 19,00. Il problema è di affidabilità e solidità: i Rockets sono una squadra che va a folate, capaci di infliggere, quanto di subire, parziali clamorosi quanto inspiegabili in ogni momento della partita.
Coach Kevin McHale (Hall of Famer con 3 titoli Nba da giocatore coi Boston Celtics) gode della stima e del rispetto dei giocatori, ma non è riuscito in quattro stagioni a dare una precisa identità di gioco alla propria squadra, che non sia quella di dipendere in tutto e per tutto dal proprio centro di gravità James Harden. Ancora troppo poco perché i Rockets possano pensare di puntare davvero in alto.