Brasile, la caduta degli dei

Brasile, la caduta degli dei

La nazionale verdeoro non è mai stata così in basso nella propria storia recente: l’ultimo titolo risale al 2007, poi tante figuracce e tornei senza lasciare traccia. E quando è priva Neymar la Seleçao rasenta la mediocrità

Nella testa di milioni di uomini e donne sparsi per l’intero globo, quando dici Brasile dici calcio.

Sulle spiagge, nei campetti di periferia, per le strade. Il paese sudamericano è considerato la culla di questo sport. O meglio, di un modo tutto particolare di intenderlo: piedi sopraffini, gioia, libertà, una netta predisposizione all’istinto rispetto ai dettami tattici, un pizzico di anarchia controllata.

Una ricetta che fino all’inizio degli anni Duemila era sinonimo di una cultura calcistica vincente. Il Brasile nel 2002 è stata la prima – e fin qui unica – nazionale a diventare pentacampione mondiale, con una striscia di tre finali consecutive (Usa ’94, Francia ’98, Giappone e Corea ’02), di cui due vinte.

La_caduta_degli_dei_#2_mondiali

L’ultimo trionfo risale ormai a quasi un decennio fa, con la Copa America 2007 sollevata in Venezuela. Da lì in avanti solo delusioni se non vere e proprie figuracce, fra cui il 7-1 subito dalla Germania nella semifinale mondiale del 2014 a Belo Horizonte (64 anni dopo il Marcanazo, ecco il Mineirazo) e l’eliminazione durante la fase preliminare della Copa America tuttora in corso, costata l’esonero al c.t. Carlos Dunga (a questo punto dietro alla favorita Argentina a 1,72/1 ci sono Colombia e Messico a 7/1).

Quello che è sempre stato il punto di forza della Seleçao, ovvero un reparto offensivo senza eguali, è andato drasticamente ridimensionandosi da un decennio a questa parte: i 132 gol complessivi in verdeoro di Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo – tridente d’attacco 2002 – si sono praticamente dimezzati fino ai 75 messi a referto da Hulk, Fred e Neymar, alfieri del reparto offensivo nel Mondiale 2014.

Ancora più drastico il crollo calcolando i migliori tre attaccanti convocati nelle ultime cinque edizioni di Copa America: dalle 60 reti di Luis Fabiano, Julio Baptista e Adriano del 2004 arriviamo alle 18 odierne di Coutinho, Hulk e Jonas.

La_caduta_degli_dei_#3_copa_america

In questo momento, il peso di Neymar (assente illustre di questa Copa America per volere del Barcellona) sulle sorti della nazionale verdeoro è semplicemente enorme: i suoi 46 gol complessivi nelle 70 presenze con il Brasile servono a mantenere dignitosi gli score degli attacchi messi in campo nelle manifestazioni dell’ultimo lustro.

L’apporto del fuoriclasse blaugrana è imprescindibile vale da solo più di metà di quello di tutto il resto del reparto offensivo. Le conseguenze della sua assenza si sono viste in queste settimane e prima ancora due anni fa, quando senza di lui (e Thiago Silva) la Seleçao crollò senza oppore resistenza contro la Germania.

A livello collettivo, i risultati sono disastrosi. Se parliamo di individualità – Neymar a parte – non va molto meglio.

La_caduta_degli_dei_#4_pallone_d'oro

Dal 1997 al 2007, cinque Palloni d’Oro su undici sono stati vinti da calciatori brasiliani: Ronaldo nel 1997 e 2002, Rivaldo nel 1999, Ronaldinho nel 2005 e Kakà nel 2007. Dal 2008 in avanti il conto è rimasto fermo a zero.

Neymar è ormai molto più che un astro nascente, ma da solo non può reggere le sorti di un’intera nazione che vive e respira calcio. Dietro di lui si muove poco o niente ed è significativo il fatto che dopo anni di trazione offensiva il Brasile abbia provato a costruire le proprie fortune dalla difesa (Thiago Silva, Miranda, Felipe Luis, David Luiz).

Ma questo vuole dire andare contro la propria natura, e i risultati non si sono fatti attendere.

X