Lo scalatore dell’Astana è stato il leader della classifica generale della Vuelta per cinque tappe prima di cedere la maglia rossa a Rodriguez per un solo secondo. Storia di un ragazzo di 25 anni che sogna il primo trionfo in una delle tre corse a tappe più importanti e che è già entrato a pieno titolo nella storia dello sport sardo
Fabio Aru è il primo e unico ciclista sardo ad aver vestito la maglia rosa nella storia del Giro d’Italia. Già questo basterebbe per garantirgli un posticino nella storia del ciclismo italiano. Ma per uno come lui, accontentarsi di questo sarebbe troppo poco.
Classe 1990, nei pro dal 2012 con il team Astana, Aru ha già collezionato in carriera due podi al Giro d’Italia (terzo nel 2014, secondo quest’anno), l’onore grandissimo di una giornata in maglia rosa e la conquista della maglia bianca 2015 come miglior giovane del Giro.
Il prossimo traguardo ha le tinte rosso fuoco della maglia da leader della Vuelta di Spagna. Partito come gregario di Vincenzo Nibali, Aru si è ritrovato capitano dell’Astana dopo la squalifica affibbiata allo Squalo al termine della seconda tappa.
Paura della responsabilità? Macché. Nel corso dell’undicesima tappa (Andorra la Vella-Cortals d’Encamp, 138 km con 4 GPM) Aru attacca il gruppo, stacca i diretti avversari e arriva sul traguardo secondo solo al compagno di squadra Mikel Landa. Poco male, perché il risultato vale la conquista momentanea della maglia rossa, onorata e trattenuta coi denti fino a ieri, quando Purito Rodriguez è riuscito a strappargliela per un solo secondo.
Classifica generale alla mano, con Froome fuori dai giochi e Quintana e Valverde alle prese con distacchi significativi, il duello per la vittoria finale a cinque tappe dalla fine sembra essersi ridotto a una questione a due. Resta alla finestra l’olandese Dumoulin, quarto a 1’51’’, che si giocherà gran parte delle proprie chance nella cronometro di Burgos domani, specialità nella quale è favorito rispetto ad all’italiano e allo spagnolo.
Aru non mollerà di un centimetro, spinto dall’amore di un paese intero ammaliato dal suo talento e che dopo la vittoria di Nibali nel 2010 sogna di festeggiare un altro italiano sul gradino più alto del podio spagnolo.