Perché giudicare oggi Matthijs de Ligt è una cosa da totali idioti
Perché giudicare oggi Matthijs de Ligt è una cosa da totali idioti

Perché giudicare oggi Matthijs de Ligt è una cosa da totali idioti

Che il mondo della comunicazione sia un po’ impazzito ce ne accorgiamo da indicatori sicuramente più importanti del calcio. Anche nel nostro ambito, tuttavia, si riflettono alcune tendenze tossiche diffusesi o amplificatesi nell’era della dittatura dei social network. L’ultimo esempio è il processo a cui viene regolarmente sottoposto, da due mesi a questa parte, Matthijs de Ligt.

Matthijs de Ligt e quel “dovere” di spostare gli equilibri a 20 anni

Quando la scorsa estate la Juventus ha acquistato Matthijs de Ligt dall’Ajax per la cifra (record di squadra per un difensore) di 75 milioni di euro, ho provato un certo rassicurante tepore. Dopo l’ultimo anno e mezzo passato a fare investimenti alti a breve termine (leggi l’anziano marziano CR7), quelli che in USA chiamano “win-now move”, spendere quella cifra per un 19enne ha certificato un cambiamento culturale importante. La Juve è sempre stata molto più attratta dai “pronto-cuoci”, ma l’occasione era davvero ghiotta. Anche se con la sua ex squadra si è spinto fino alla semifinale di Champions e ciò poteva indurre a pensare a un profilo immediatamente pronto per spostare gli equilibri, la verità ha un’altra faccia. Ed è quella, inevitabile, dei vent’anni.

Il “valore di mercato” e gli equivoci che ne derivano

Una delle grandi contraddizioni del calcio odierno è che le valutazioni sono estremamente volatili e “geneticamente” arbitrarie, ma sono diventate comunque un parametro comunemente accettato. Se un calciatore arriva ad avere una valutazione di X milioni di euro potrebbe non esserci una spiegazione razionale da addurre, ma di sicuro è ultradifficile trovare prove per negarne la veridicità. Tra l’altro è proprio una delle ragioni per cui quasi nessun processo sulle cosiddette “plusvalenze gonfiate” è mai arrivato a condanna. Ma questa è un’altra storia. Quello che conta è che i soldi pagati dalle società per i cartellini diventano per media e tifosi una sorta di certificazione di qualcosa che però sappiamo non essere certificabile. E poi non tutti gli investimenti sono fatti per pagare subito.

Il caso di Matthijs de Ligt è diventato un esempio macroscopico della miopia a cui ci siano assuefatti. Le rivalità incrociate tra le tifoserie, ormai portate all’estremo anche perché assecondate da una stampa che strizza sempre più l’occhio al puro e semplice click, puntano a cercare spasmodicamente una falla in qualcosa che ha fatto l’avversario. Così Lukaku sbaglia una partita e improvvisamente diventa un brocco pagato 75 milioni, fino a quando tornerà al gol ridiventando l’uomo del destino, in pieno delirio bipolare collettivo. Si dimentica che Lukaku viene da un altro campionato, con altri ritmi, altri metri arbitrali, altre metodiche di allenamento. Quindi, spazientirsi con un nuovo acquisto per via dei soldi spesi per il cartellino è sbagliato a prescindere anche di fronte a un giocatore “pronto” e nel pieno della maturità, come il 26enne Romelu Lukaku. Vi immaginate quanto possa essere idiota farlo con un ventenne? Eppure è quello che sta succedendo.

“Tutto tranqui, raga”

Se Bonucci non è Chiello

Nei piani della società Matthijs doveva sottoporsi a un robusto periodo di apprendistato, forte di professori di altissimo livello come Chiellini, Bonucci e il fresco ritirato Barzagli. Per uno già additato come uno dei più forti difensori del prossimo decennio, poter maturare a fianco di autentiche istituzioni del mestiere era lo scenario dei sogni. Purtroppo per lui, per la Juve e per la Nazionale, il crociato anteriore di Giorgione ha fatto crac. Come è stato ampiamente detto, ciò ha imposto una notevole accelerazione nel percorso di ambientamento del giovane olandese, promosso subito a titolare a fianco di Bonucci.

Leo quando vuole è ancora un signor difensore, ma guardando in maniera disincantata alla sua carriera è proprio lui, che ha usufruito per primo dell’aiuto di due colonne come Barzagli e Chiellini, per diventare il Bonucci di successo che abbiamo conosciuto. Leo è diventato quel difensore fantastico nell’impostazione del gioco, quella sorta di regista arretrato, proprio perché aveva sempre le spalle ben coperte dai due professori. Ora toccherebbe a lui mettere de Ligt nella condizione di maturare e ambientarsi con calma, ma Leo è obiettivamente molto meno bravo a mettere pezze agli errori altrui, rispetto a Chiello. Così nasce buona parte delle incertezze difensive di questa prima SarriJuve, con il biondino e il numero 19 che si sono alternati nello svarionare un po’ qua, un po’ là. Il gol subito dalla Lokomotiv è in questo senso una sorta di sintesi suprema, un compendio di quanto appena detto: liscio dell’olandese di testa, appisolamento di Bonucci e via all’azione che poi porterà al vantaggio russo.

L’adattamento al calcio italiano e a quello di Sarri

C’è un altro aspetto in cui Matthijs deve migliorare moltissimo ed è forse l’aspetto che ha sorpreso di più il pubblico calcistico, un po’ meno gli addetti ai lavori. Parlo dell’adattamento al calcio italiano e alla Serie A, che in materia di difesa ha degli standard molto, ma molto differenti rispetto a quanto il ragazzo aveva vissuto fino a pochi mesi fa, in Olanda. Da noi si cura da sempre moltissimo la difesa sull’uomo, che non necessariamente deve arrivare al famoso adagio “palla o gamba”, ma che indica una soglia di attenzione sempre molto alta. Nelle sue prime uscite in bianconero De Ligt è invece parso un po’ “De Light”, troppo leggerino e poco deciso. Anche qui si tratta di una serie di malizie che il biondino non impiegherà molto a far sue, ma serve comunque del tempo.

Non bisogna poi dimenticare “l’adattamento nell’adattamento”. Sì perché Matthijs de Ligt si sta adattando al calcio italiano e alla Juventus, che a sua volta si sta adattando al calcio di Sarri. Le differenze tra quest’ultimo e Allegri abbondano anche nell’impostazione difensiva, per cui i bianconeri sono ancora nella fase di assimilazione. E ciò potrebbe in qualche modo rallentare il processo di adattamento del giovane olandese.

“Ma l’Olanda non ha mai prodotto grandi difensori” (cit.)

De Ligt farà ancora errori, ma fortunatamente il ragazzo sta mostrando intelligenza e saggezza nell’essere impermeabile alle numerose critiche. La maggior parte di esse sono miopi perché guardano solo all’oggi in un investimento che invece è mirato al futuro, ma ce ne sono anche di fantasiose. Ad esempio, quella che subodora il fallimento dell’affare de Ligt perché (cito) “l’Olanda non ha mai prodotto grandi difensori”. Chi lo afferma è ignorante o in malafede, tertium non datur. Da Jaap Stam a “Rambo” Koeman, passando per Ruud Krol e Danny Blind, la storia del calcio olandese non ha certo prodotto solo talenti per la fase d’attacco.

Mettiamoci l’anima in pace: ci saranno altri svarioni di questo genere, nell’annata di Matthijs de Ligt. Saranno sempre meno, ma difficilmente spariranno e la ragione è nella sua età. Il mestiere di difensore è un continuo adattarsi a velocità di pensiero e di azione diverse, un continuo prendere le misure, un continuo mettere a punto meccanismi che richiedono tempo per oliarsi. A 20 anni gli errori sono più che naturali perché fanno parte di quella esperienza che ti stai costruendo, e che sarà la tua forza domani.

Alessandro Nesta con Marco di Vaio ai tempi delle giovanili della Lazio. In mezzo a loro il tecnico Mimmo Caso (Wikipedia)

Il confronto con un altro predestinato: Alessandro Nesta

Per rendere l’idea mi piace paragonare l’olandese a un altro predestinato: Alessandro Nesta. Dell’ex centrale di Lazio, Milan e Nazionale si diceva un gran bene quando era ancora nelle giovanili biancocelesti. Venne lanciato in Serie A da Zoff a 18 anni ancora da compiere, ma è con Zeman che diventò titolare, a 19 anni.  Gettato nella mischia in occasione di un derby capitolino nell’ottobre ’95, divenne subito una certezza. Non si pensi però che il fuoriclasse romano sia stato esente da svarioni. Pur se già apprezzato per la tecnica, inusuale per un difensore, e per pulizia degli interventi, Nesta di tanto intanto pagò dazio alla “allegra” difesa zemaniana, che portò la corazzata Lazio a perdere partite contro squadre molto inferiori come ad esempio Piacenza e Napoli. Ciò non intaccò affatto la stima di cui era circondato il ragazzo, che ebbe il tempo di fare tutta l’esperienza necessaria sul campo e consolidare una reputazione che sarebbe diventata poi planetaria.

Matthijs ha esordito in nazionale quasi 3 anni prima rispetto a Nesta. Certo, per ricalcare le orme del leggendario numero 13 di Lazio, Milan e Nazionale deve ancora lavorare moltissimo, ma gli si deve dare la possibilità di sbagliare. E di migliorarsi sbagliando.

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