Oggi si impazzisce dietro a una parola che può essere anche un grande inganno: esperienza. Così, nel mondo del lavoro si leggono offerte per neolaureati in cui si richiedono “almeno 5 anni di esperienza nel settore”. Nel calcio, invece, capita di vedere giovani promettenti marcire in panchina proprio perché “mancano di esperienza”.
Ma l’esperienza è ciò che stai facendo oggi. Dopo una qualificazione mondiale buttata al vento, forse, il calcio italiano ha iniziato a imparare la lezione, provando a ripartire dai giovani. Tuttavia lo spazio lasciato alle nuove generazioni non è così grande, in Serie A.
Il calcio europeo e la fiducia nei giovani: ecco l’infografica
E allora lasciamo innanzitutto che a parlare siano i numeri. Siamo andati a curiosare nei dati dei 5 principali campionati europei, per vedere quanta fiducia si dà ai giovani nel calcio odierno.
Italia in cima, ma anche in fondo
Leggendo questi dati, emergono alcuni aspetti anche curiosi. Ad esempio le due squadre che schierano le formazioni mediamente più anziane d’Europa sono Chievo e Parma. Ma è italiana anche la squadra che più di tutte sta dimostrando di puntare sui giovani: la Fiorentina, con un’età media di 24 anni, 3 mesi e 27 giorni per i titolari che ha schierato finora in questo campionato. Dispiace ancora di più vedere come sta concludendo il campionato la Viola, con le dimissioni di Pioli nonostante una posizione di classifica tutto sommato accettabile, che conferiva ai gigliati ancora quote interessanti sulla qualificazione alle coppe europee per la prossima stagione di calcio. Ma della società toscana parleremo più avanti.
Puntare sui giovani non dà garanzie di vittoria? Forse, ma…
Sempre guardando all’esempio italiano, appare chiaro come puntare su calciatori più stagionati possa essere una strategia di successo (Juventus) o fallimentare (Chievo). Si tratta tuttavia di due casi agli antipodi, ma in linea generale il calcio italiano è rimasto legato a storici cliché come quello di mandare i giovani nelle serie inferiori a “farsi le ossa”. Ma avviene davvero così? Il discorso è davvero complesso e tocca argomenti che meriterebbero ciascuno una trattazione a parte, come lo strapotere dei procuratori, il doping delle plusvalenze e il peso eccessivo dei trasferimenti di giocatori sui bilanci delle società. C’è chi ha provato a cambiare qualcosa, ma anche questo lo vedremo più avanti.
Le più virtuose d’Europa
La Fiorentina in Italia, il Mainz in Germania, la Real Sociedad in Spagna, il Lille in Francia, il Southampton in Inghilterra: sono le squadre che puntano di più sui giovani nei 5 campionati europei di primo piano. I 24 anni e 3 mesi della Viola non sono comunque un record assoluto, ma relativo appunto ai 5 paesi calcisticamente più sviluppati, o importanti, del vecchio continente. In Olanda, ad esempio, l’Eredivisie continua ad essere una incessante fucina di talenti. Tutti pensiamo all’Ajax delle meraviglie visto in Champions, ma i lancieri non sono neanche tra i più “giovanilisti” d’Olanda. L’età media della loro formazione è di 24,3 anni, in linea con quella della Fiorentina, ma molto più alta rispetto a quella del Groningen, che con 22,6 anni di età media è il club più “giovanilistico” d’Europa.
Tra le società di vertice, quelle che più di tutte puntano sulla linea verde sono il Lione in Francia (età media 24,8), il Milan in Italia (25,14), il Borussia Dortmund in Germania (25,18), il Liverpool in Inghilterra (26,5) e l’Atletico Madrid in Spagna (26,75).
Il caso Fiorentina
Quella di Firenze è poi una realtà particolare, perché da un lato ha una gestione illuminata e oculata sul piano dei giovani da lanciare, ma si scontra con una piazza che non ha mai smesso di avere velleità da grande. Effettivamente, se si scorrono le rose della Viola nel corso delle stagioni, si leggono nomi incredibili: Salah, Cuadrado, Bernardeschi, Alonso, Vecino, Ljajic, solo per fermarsi agli ultimi anni. Tutti calciatori ora in forza a società più ambiziose e che possono permettersi ingaggi più alti. Un destino che presto o tardi toccherà anche ai gioielli odierni come Chiesa, Milenkovic e Lafont. Vendere, incassare e ripartire, in attesa di un’annata che possa regalare una nuova – ma sostenibile – ambizione. La piazza non gradirà? Imparerà a farlo, o meglio a capire che l’ambizione è qualcosa che si costruisce anno per anno.
La Juventus, ringiovanire vincendo
Ovviamente ci sono società e società, e c’è modo e modo di investire sui giovani. In questo senso i numeri non sempre dicono la verità. Ad esempio la Juventus schiacciasassi di questo incredibile ciclo ha un’ossatura stagionata, che comunque non le impedisce un inserimento graduale di giovani interessanti. Si pensi ad esempio a Rodrigo Bentancur, che ha trascorso un anno di “apprendistato di lusso” prima di diventare a sua volta titolare, oltre che il migliore in campo nel recente quarto di finale di Amsterdam contro l’Ajax. Quest’anno invece è esploso il talento di Moise Kean, sul quale qualcuno storceva il muso quando era stato lasciato in rosa per fare il terzo attaccante di ruolo, mentre adesso ad ogni match si richiede un suo utilizzo. Il fatto che la Juve, tra le più anziane come età media, sia stata la prima a far segnare un “millennial” in Serie A (nel 2016-17, quando aveva 17 anni), fa riflettere su come ci si possa rinnovare senza smettere di stare al vertice.
Il nodo delle “squadre B”
Un altro aspetto della Juventus che ha fatto discutere, sempre riguardo alla sua politica con i giovani, è quello della squadra B. Da questa stagione, come saprete, la Vecchia Signora ha una squadra anche in Serie C: la Juventus U23. Quello delle seconde squadre schierate nelle serie inferiori è un sistema con una lunga tradizione per esempio in Spagna e in Olanda, dove quasi tutte le società della massima serie hanno una squadra B preceduta dall’attributo “Jong”. Per la prima volta è stato testato da noi, ma al momento l’unica società di Serie A che ha accettato di schierare una squadra-B è proprio la Juve.
Oltretutto la cosa non ha mancato e non manca di suscitare polemiche, soprattutto presso le altre tifoserie della categoria (che ritengono il posto “usurpato”). L’obiettivo a lungo termine è quello di guadagnare stabilmente la Serie B e da lì far crescere i propri giovani senza necessità di darli in prestito.
La Fenice Milan
In questo senso forse il Milan ha qualcosa da insegnare, nonostante le annate buie che ha attraversato di recente. Forse spinti da problemi di bilancio e fair play finanziario, causati peraltro anche da investimenti sbagliati su gente non da Milan (Kalinic, Bacca, Lapadula ma anche Bonucci e Higuain, per ragioni diverse) in via Turati hanno deciso di invertire la rotta. Donnarumma, Cutrone, Romagnoli, Calabria e i nuovi arrivati Piatek e Paquetà sono la base da cui i rossoneri sono ripartiti, il trampolino per tornare a guadagnarsi la Champions League, dalla quale è mancata nelle ultime 5 stagioni. Un trampolino giovanissimo. Coincidenze?
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