Un gesto tecnico particolare, rarissimo e quasi sempre inaspettato. È il gol segnato direttamente da calcio d’angolo, soluzione spettacolare che necessita di tecnica, coraggio e un pizzico di fortuna. Una soluzione che ha avuto in un italiano uno dei suoi massimi interpreti: Massimo Palanca, funambolo che ha calcato i campi di calcio tra l’inizio degli anni ’70 e la fine degli anni ’80. Ecco la storia sua e di questa specialità balistica così unica.
Il gol da calcio d’angolo, una magia senza senso
Non hai tutti gli occhi addosso come quando stai per calciare un rigore o una punizione del limite. Sei in una delle posizioni dalle quali è più difficile centrare la porta, figuriamoci segnare. Oltretutto, hai l’area intasata di compagni ma soprattutto di avversari, pronti a neutralizzare il pericolo. Quella di provare a segnare un gol da calcio d’angolo è molto più di una prova di abilità: è una sfida all’ordine costituito. È una geniale scorciatoia ma non fine a se stessa, perché obbliga il portiere e la squadra avversaria a disporsi in modo da evitare la beffa, oppure li costringe ad accettare il rischio.
Chi di voi ha giocato a pallone e non ha mai provato a segnare dalla bandierina, mente sapendo di mentire. Oppure, se non lo ha fatto, ha sicuramente sognato di farlo. Perché provarci equivale a puntare tutto su sé stessi, contro il resto del mondo. Infatti se fosse una scommessa sarebbe di quelle a quota altissima, troppo rara per venire presa in considerazione. Vi sfido a trovarla tra le quote sul calcio presenti nelle varie partite: non ci riuscirete mai, perché nel calcio professionistico sono solo in pochissimi a provarci. Si tratta di un privilegio riservato a pochi eletti, possibilmente un po’ folli.
Da Onzari a Veretout e Pulgar: breve storia del “gol olimpico”
Che questo tipo di segnatura abbia sempre acceso la fantasia di giocatori e appassionati è una certezza, da quasi 100 anni. Era il 2 ottobre 1924, la federazione internazionale aveva legalizzato da appena 3 mesi proprio l’ipotesi di un gol segnato direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo, senza alcun tocco da parte di compagni o avversari. Detto, fatto: Cesàreo Onzari, funambolica ala sinistra argentina, fulminò così il portiere dell’Uruguay, già allora acerrimo rivale dell’Albiceleste. Pensate che al tempo non esistevano ancora i Mondiali di calcio, ma l’Uruguay era campione olimpico in carica e quella si poteva allora considerare come la massima onoreficenza calcistica. Da qui il nomignolo che ha accompagnato il gol da calcio d’angolo fino a oggi: “gol olimpico”.
Un altro caso clamoroso di “gol olimpico” fu quello di Marcos Coll, in un Colombia-Unione Sovietica dei Mondiali del 1962 in Cile. La fortissima URSS vinceva per 4-1 quando Coll, centrocampista dell’America di Calì, segnò direttamente dalla bandierina fulminando nientemeno che Lev Yashin, e dando il via a una clamorosa rimonta fino al pirotecnico 4-4 finale.
Anche da noi se ne sono visti, di tanto in tanto. L’ultima volta che è capitato di vedere gol da calcio d’angolo in Serie A è stata il 4 febbraio 2018. Al Dall’ara si gioca Bologna-Fiorentina e al 41′ la partita viene sbloccata da Jordan Veretout, centrocampista francese della Viola che sorprende Mirante direttamente dalla bandierina. Sul rovesciamento di fronte, però, accade l’incredibile: calcio d’angolo per il Bologna, batte Erick Pulgar e la palla finisce in rete, con il portiere Sportiello non proprio esente da colpe. Due gol da calcio d’angolo, nella stessa partita, in 3 minuti: difficilmente si vedrà mai più qualcosa di simile.
Nel tempo diversi grandi talenti si sono avvicendati nell’esecuzione di questo capolavoro. Da Roby Baggio a Ronaldinho, da Alvaro Recoba fino a David Beckham. Ma non è di questi che voglio parlarvi oggi, bensì di colui che è da considerare il migliore interprete italiano di sempre, nella specialità: Massimo Palanca.
Massimo Palanca, “O Rey” della bandierina
Siamo abituati a celebrare i grandi campioni per ciò che hanno vinto e i trofei che hanno alzato al cielo. Esistono però giocatori entrati nell’immaginario collettivo anche senza aver vinto nulla di importante. Massimo Palanca è stato uno degli esempi più eclatanti in questo senso, soprattutto per chi è stato bambino tra gli anni ’70 e gli anni ’90. Nella fraseologia di allora, quando qualcuno provava il colpaccio direttamente dal corner lo si etichettava come un tiro “alla Palanca”. E questo poteva avvenire ovunque, sia al campetto parrocchiale che nelle partite più importanti tra adulti o in tv. Abbiamo preparato un’infografica celebrativa di questo giocatore così particolare.
Palanca, il re di Catanzaro
Nonostante sia marchigiano di nascita, il mito di Massimo Palanca è indissolubilmente legato al Sud e in particolare a una città: Catanzaro. Lì arrivò nel 1974 dal Frosinone, iniziando una parabola che avrebbe coinciso con gli anni più luminosi dei giallorossi calabresi nel calcio nazionale. Capocannoniere in Serie B e trascinatore in Serie A, per una squadra che sfidava a testa alta le grandi e qualche volta riusciva anche a batterle. Spesso, grazie a quella sorta di arma segreta che nascondeva nel piede sinistro del suo numero 11.
Lui si è sempre schermito, condividendo anche i meriti dei suoi gol da calcio d’angolo con i compagni: “Era fondamentale avere qualcuno che si piazzasse davanti al portiere, per impedirgli di vedere partire il pallone”, confessava in uno speciale che “Sfide” gli ha dedicato qualche anno fa. Nel celeberrimo gol da calcio d’angolo segnato all’Olimpico con la Roma questo ruolo era stato ricoperto da Claudio Ranieri.
Cosa c’era dietro ai gol dalla bandierina
Tocco di palla, precisione, potenza. Per segnare un gol da calcio d’angolo servono tutte queste doti, ma forse non sono sufficienti. Serve anche esperienza, conoscenza dei portieri avversari e di un elemento spesso imprevedibile: il vento. Come ha raccontato in una recente intervista a Gianluca Di Marzio, Massimo Palanca si allenava moltissimo a tirare in porta direttamente dal corner, lo riteneva alla stregua di un calcio di punizione dal limite, ma per l’effetto e la traiettoria a rientrare che doveva prendere la palla serviva a volte anche l’aiuto del vento. Lui lo studiava, un po’ come fanno i marinai, riuscendo a calcolarne le direzioni e, nel caso, sfruttarle a proprio vantaggio.
Declino sì, oblio mai
Lontano da Catanzaro, “Piedino” ha purtroppo stentato ad affermarsi. La cessione al Napoli nell’estate del 1981 doveva essere la sua consacrazione, ma qualcosa andò storto e l’ascesa del funambolico Palanca si arrestò. Ripartito dalla C2 con il Foligno, “Massimè” si è poi ricongiunto con l’amato pubblico catanzarese, contribuendo a riportarlo in Serie B. Sempre a Catanzaro, a 37 anni compiuti, Massimo Palanca appende le scarpe al chiodo. Era il 1990, dopo 20 anni di carriera e 13 gol segnati da calcio d’angolo. Gli anni passano, ma nessuno è ancora riuscito a raggiungerlo.