Top 5 del decennio: cosa c'è da ricordare tra il 2010 e il 2019
Top 5 del decennio: cosa c'è da ricordare tra il 2010 e il 2019

Top 5 del decennio: cosa c’è da ricordare tra il 2010 e il 2019

Sta volgendo al termine il 2019, annata che va chiudendo il secondo decennio del nuovo millennio. In questo articolo abbiamo condensato ciò che di meglio abbiamo vissuto dal punto di vista calcistico in questi 10 anni, un lasso di tempo che ha saputo offrirci tanto sia nel calcio continentale che in quello di casa nostra.

Il Barcellona 2010-11

Impossibile non pensare alla squadra più iconica e talentuosa di questo decennio: il Barcellona di Guardiola, quello che si apprestava a vincere la seconda Champions League della gestione del Pep, è un’orchestra perfetta. Sarebbe ingiusto e ingeneroso identificare quella squadra in una partita soltanto. I blaugrana del 2010-11 meritano di essere incensati e ricordati per tutto l’arco di una stagione vissuta con uno strapotere disarmante, talvolta imbarazzante (per gli altri). Tanto per intenderci, Lionel Messi in quell’anno ha messo a referto 53 gol e 24 assist in stagione, contribuendo alla bellezza di 77 gol in 55 partite ufficiali, con la media di 1,4 gol a partita, segnato o fatto segnare. Ma non solo Messi: Victor Valdes, Eric Abidal, Piqué, Mascherano, Dani Alves, Sergio Busquets, Xavi, Iniesta, Pedro e David Villa completavano l’undici titolare entrato nella storia del calcio. Un autentico Dream Team del quale si studieranno movimenti e idee ancora a lungo negli anni a venire. Un gol, simbolo dello strapotere di quella squadra, lo ha segnato la Pulce nel Clasico in semifinale di Champions League: troppo superiore. A detta di molti, la squadra di club più forte e bella di sempre. Semplicemente perfetti.

Lionel Messi e Marcelo. Imprendibile. (Photo by David Ramos/Getty Images)

La forza dei collettivi: triplete di Inter, Bayern e Barcellona

Nel corso del tempo, sin da quando si chiamava Coppa dei Campioni, la massima competizione europea ha posto il sigillo definitivo sull’espressione di grandezza imposta entro i confini nazionali dai club. Non è capitato sovente, tuttavia: il treble, infatti, prima di questo decennio è riuscito al Celtic di Jock Stein (1966-67), all’Ajax di Stefan Kovacs (1971-72), al PSV Eindhoven di Guus Hiddink (1987-88), al Manchester United di Sir Alex Ferguson (1998-99) e al Barça di Pep Guardiola (2008-09, fuori per un soffio dal periodo preso in esame). Il decennio 2010-2019, invece, ha visto l’Inter di Mourinho (2009-10), il Bayern Monaco di Heynkess (2012-13) e il Barcellona di Luis Enrique (2014-15) riuscire nell’impresa di vincere su tutti i fronti, nazionali ed internazionali, nel corso di una stagione sportiva. Una tale concentrazione di successi e la differenza a livello di ripetibilità con il passato troverebbero libero sfogo nel pensare alla legge Bosman e agli effetti che essa ha determinato, più o meno volontariamente, nel mondo del calcio. Ma a prescindere da ciò, si rende onore al merito di tre corazzate che hanno inciso il proprio nome, una volta sempre di più, nell’élite del calcio. Una élite riservata a pochissimi.

Javier Zanetti, simbolo eterno dell’Inter e dell’interismo, il 22 maggio 2010. (Photo credit should read JAVIER SORIANO/AFP via Getty Images)

L’epopea bianconera e la grandezza della BBC

Probabilmente capiremo bene il vero valore della Juventus quando il suo ciclo sarà giunto al termine. E il bello è che non sappiamo ancora quando accadrà: otto scudetti consecutivi all’attivo e tutte le carte in regola per continuare a vincere, anche se quest’anno non è la sola a crederci, non è roba da poco. La Juventus come la conosciamo oggi è (ri)nata con Antonio Conte, dallo scudetto vinto da imbattuti ai danni del Milan di Ibrahimovic, Thiago Silva e Muntari, passando per Massimiliano Allegri e il salto di qualità fatto di anno in anno dal centrocampo in su: l’apice nella zona nevralgica del campo probabilmente è il reparto composto da Pirlo, Vidal, Pogba e Marchisio a giocarsi 3 maglie da titolari. In attacco si è vista una porta girevole: da Matri e Vucinic a Cristiano Ronaldo e Dybala passando per Quagliarella, Tevez, Morata e Mandzukic. La continuità era dietro: Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini. Sembrava l’inizio di una filastrocca, la sapevano tutti e non si sbagliava mai. Non si sbagliavano (quasi) mai. Un muro, asfissianti e complementari tra loro come pochissimi altri reparti difensivi nella storia. Un pacchetto difensivo che, non a caso, in finale di Champions League si è arreso solo di fronte alle squadre di Messi e Cristiano Ronaldo, due giocatori non solo tra i più forti di questa epoca, ma anche tra i più grandi di sempre.

Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini nel 2015, dopo aver espugnato l’Etihad Stadium di Manchester. (Photo credit should read PAUL ELLIS/AFP via Getty Images)

Le rimonte epiche di Barça, Roma e Liverpool

Questo decennio si porterà con sé anche tre delle rimonte più pazze ed impensabili degli ultimi tempi: la madre di tutte le rimonte non può che essere il 6-1 del Barcellona di Luis Enrique ai danni del Paris Saint-Germain di Unai Emery: correva la stagione 2016-17 e sebbene sia storia recente, è già storia del calcio: fino ad allora, infatti, mai nessuno aveva rimontato un 4-0 subito all’andata, sia in Coppa dei Campioni che in Champions League. Una prestazione assolutamente epica, nella quale Neymar ha dato l’illusione di essere pronto a raccogliere l’eredità di un Lionel Messi per una volta non sotto i riflettori dopo un successo. Illusione, però: il brasiliano cederà poi al richiamo economico proprio dei parigini, abbassando i propri standard di competitività, mentre il genio argentino ancora oggi è ben lungi dall’essere rimpiazzabile. Le stagioni successive, tuttavia, hanno visto i blaugrana subirle le rimonte: dopo il 4-1 del Camp Nou, nel 2017-18 è la Roma di Eusebio Di Francesco a passare il turno allo Stadio Olimpico, sotto i colpi di Dzeko, De Rossi e Manolas: 3-0 e il Barça di Ernesto Valverde eliminato. La stagione passata, invece, a fare lo scalpo ai blaugrana è il Liverpool di Jurgen Klopp, poi campione d’Europa: il 3-0 del Camp Nou suonava come una sentenza, seppur eccessivamente severa nei confronti degli scousers: soltanto Messi, nella versione più marziana di sé stesso, aveva abbattuto il muro tra giustizia e merito, regalando agli spettatori catalani due gol meravigliosi che avevano indirizzato opinione pubblica e quotisti in una direzione. Sembrava tutto già scritto: onore a Klopp e bravi i Reds, ma il Barça, finché gioca Messi, è irraggiungibile. E invece no: anche quell’anno, soprattutto quell’anno, il collettivo si dimostra come l’elemento primario per ogni squadra che ambisca a vincere. Se poi ci si mette anche la mistica atmosfera di Anfield, il miracolo non è così impossibile da ponderare: 4-0 (col colpo di genio di Trent Alexander Arnold da calcio d’angolo) e blaugrana ancora eliminati. Il calcio dà, il calcio toglie.

Dani Alves porta in trionfo Neymar, autentico mattatore nel 6-1 ai parigini. (Photo by David Ramos/Getty Images)

Le 4 Champions League del Real Madrid

Non si possono, infine, trascurare le 4 Champions League vinte dal Real Madrid sotto le gestioni Ancelotti e Zidane (il quale, comunque, nella gestione Ancelotti ne faceva il vice): 2013-14, 2015-16, 2016-17 e 2017-18. Inoltre, prima del 2017, mai una squadra aveva vinto 2 edizioni consecutive della Champions League, non da quando ha cambiato formato e si chiama così. L’ultima compagine a vincerne due di fila, infatti, era il Milan di Arrigo Sacchi, a cavallo tra il 1988-89 e il 1989-90. Letteralmente un’altra epoca calcistica. La grandezza del ciclo di Ancelotti e Zidane, per onestà intellettuale, è figlio anche di un grande lavoro di José Mourinho, predecessore di Re Carlo, che pose le basi della squadra che poi si tolse di dosso l’incredibile ossessione della Decima. Una squadra, quella di Ancelotti prima e di Zizou poi, che probabilmente non resterà negli annali del calcio in quanto a innovazioni e bellezza, come invece vale per il Barcellona di Guardiola, ma il palmares e l’albo d’oro contano e pesano come macigni e questo decennio, ha segnato la rinascita continentale della squadra più prestigiosa, blasonata e famosa al mondo.

Zinedine Zidane e Carlo Ancelotti, entrambi sulla panchina del Real Madrid. (Photo by Shaun Botterill/Getty Images)

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