Tutto il mondo sta celebrando Diego Armando Maradona, non un semplice fuoriclasse simbolo della sua epoca ma il più grande di tutti i tempi. Cerchiamo di ripercorrere gli step di una vita e una carriera vissuta sempre al limite, partendo dal nulla e arrivando all’elite assoluta.
Ode a Diego Armando Maradona: ecco i suoi “diez” momenti indimenticabili
Oggi siamo assuefatti ad un calcio a volte vacuamente imbellettato da passaggetti irritanti e dalla costruzione dal basso, un calcio in cui si salta sempre meno l’uomo e in cui – anzi – il dribbling viene vissuto come un azzardo evitabile. Siamo talmente assuefatti a tutto ciò che a rivedere un nanetto farsi rincorrere inutilmente da mezza squadra avversaria, mettere da solo in scacco intere difese, sconquassare da solo qualsiasi equilibrio e inventarsi da solo gol che ribaltano qualsiasi pronostico sul calcio, sembra di star guardando uno sport diverso. Ma la verità è che Maradona è stato egli stesso, il calcio.
Chi lo ha ammirato porterà nel cuore immagini e ricordi. Chi non lo ha fatto, per motivi anagrafici o di altra natura, può sempre recuperare un po’ del tempo perduto dando un’occhiata alla nostra infografica celebrativa di Diego Armando Maradona.
Diego, una vita sempre controvento
Fosse stato più furbo, più accomodante, Maradona avrebbe avuto una carriera più lunga, avrebbe guadagnato e probabilmente vinto ancora di più. Però la verità è che il suo personaggio non è mai stato qualcosa di diverso dalla persona Diego, dal ragazzino nato in un barrio poverissimo e arrivato in cima al mondo, senza mai dimenticare le sue origini ma non solo. Dieguito ha elaborato nel tempo una visione del mondo rivoluzionaria, una voglia di giustizia sociale che non ha mai mancato di trasferire sul campo e fuori dal campo. Nelle scelte e nel destino del “Diez” c’è sempre qualche bivio che avrebbe potuto condurlo alla via più facile verso il successo. Il fatto che sarebbe potuto andare alla Juventus e invece atterrò a Napoli dice già molto della parabola, umana e sportiva, di una persona dei cui difetti e delle cui debolezze si è discusso e si discuterà ancora molto, ma che non può che definirsi un “hombre vertical”.
Anche da allenatore, seppure non avesse nemmeno lontanamente il talento messo in mostra da calciatore, avrebbe potuto avere di più, se fosse stato più accomodante. Ma non lo era, punto. Così lo abbiamo visto provare una pensione dorata in Dubai e persino allenare in seconda serie messicana, prima di quello che sarebbe stato l’ultimo tassello del puzzle. Tornato nella sua terra, una terra in cui era ed è persino qualcosa di più di un Dio, ma non ad allenare il suo Boca o un’altra delle squadre favorite nelle scommesse sportive sulla Priméra Division, bensì al Gimnasia La Plata. Un’esperienza che si era trasformata in un gigantesco tributo itinerante al mito Diego. Un mito che era vivente, e che purtroppo ora non lo è più.
Maradona dalla A alla Z, l’alfabeto di un mito
A come Argentina: se tutto il mondo conosce l’amore viscerale che lega gli argentini alla propria patria, è in buona parte grazie all’esempio di Diego. Non si riescono a ricordare molti altri casi di paesi che si sono così massicciamente identificati in una singola persona.
B come Boca: il Napoli è la squadra in cui ha vissuto i momenti più importanti della carriera, ma il Boca è la squadra del cuore, quella per cui tifava anche il padre
C come Cocaina: inutile girarci intorno, la polvere bianca ha segnato in negativo la vita e la carriera del Pibe de Oro.
D come Dalma: l’adorata primogenita, che nonostante tutto ha sempre difeso il suo papà.
E come Efedrina: la sostanza a causa del quale scattò la squalifica per doping al mondiale di USA’94. Un banale stimolante presente in molti antiinfluenzali e integratori. Secondo qualcuno era solo la scusa che permise a Sepp Blatter di farlo fuori.
F come Falkland: le isole al centro della guerra fra Argentina e Inghilterra dei primi anni ’80, che “ispirò” Diego nella sua prestazione più memorabile di sempre.
G come Goikoetxea: il “macellaio di Bilbao”, che spezzò la caviglia a Diego in un famigerato intervento-killer quando Maradona giocava nel Barcellona.
H come Hugo: molti di voi non lo sapranno o non lo ricorderanno, ma in Serie A ha giocato anche il fratello minore di Maradona, Hugo. Ma la sua esperienza all’Ascoli servì solo a ricordarci che di fenomeni come Diego ne nascono molto raramente.
I come Italia: il paese in cui Diego Armando Maradona si è consacrato star internazionale, quello che in uno stesso campionato ospitava gente come lui, Michel Platini e Zico.
L come Lanùs: la città che gli diede i natali, dove ebbe origine la storia del più grande calciatore di tutti i tempi.
M come Mano de Dios: fra 100 anni, fra le immagini che vedrete ogni tanto ancora quando si parla di calcio, ci sarà senza dubbio quel finto colpo di testa, quella mano veloce che si prese gioco di Peter Shilton e del paese che rappresentava. Un gol simbolico, totalmente irregolare e anche sleale, se vogliamo essere precisi, ma che è diventato simbolo del riscatto di un intero popolo.
N come Napoli: e non potrebbe essere altrimenti. Nel bene e nel male, la città che ha accolto Maradona nelle sue virtù e nei suoi vizi. E la città che lui ha portato, come mai prima di allora, nell’elite del pallone nostrano e in grande evidenza nelle quote sul calcio.
O come Oliva: Ruben Dario Oliva è stato a lungo il medico di fiducia di Diego e dell’Argentina, che lo aiutò a recuperare da piccoli e grandi infortuni.
P come Pallone d’Oro: non lo vinse soltanto perché, fino al 1994, non era possibile assegnarlo a giocatori non europei. Fu possibile subito dopo che Diego si ritirò, e se pensate che sia un caso probabilmente vi sbagliate.
Q come Qualità: quella che ha impresso Diego ovunque sia stato. Ogni volta che toccava il pallone si capiva che stava per succedere qualcosa.
R come Rabona: un gesto tecnico spettacolare che Diego ha portato alla perfezione, facendone una sorta di marchio di fabbrica.
S come Serpentina: quella che mandò in tilt mezza squadra dell’Inghilterra e fece godere tutta l’Argentina.
T come Tacconi: di punizioni Maradona ne segnò tante, tantissime, ma forse quella che lo fotografa meglio di tutte è l’incredibile gol segnato nel 1986 in Napoli-Juventus 1-0. Punizione a due in area a battere l’incolpevole portiere bianconero.
U come Unico: Maradona ha generato un numero imprecisato di imitazioni, o meglio di tentate imitazioni. L’originale è inimitabile, anche per la portata politica di molti suoi gesti e il suo essere naturalmente anti-sistema.
V come Vittorie: ha vinto tanto, ma chissà quanto altro avrebbe potuto vincere. I se e i ma si sprecano quando si parla di lui, ma i più macroscopici sono la sua dipendenza dalla cocaina e il fatto di essere stato a lungo inviso ai vertici Fifa.
Z come Zittire: quello che nessuno è mai riuscito a fare con Maradona. Comunque la si pensi su di lui, Diego si è sempre esposto in tutte le sue lotte e convinzioni, a volte straparlando o divenendo aggressivo, ma rimanendo sempre se stesso.