La Red Bull e il calcio si incontrano per la prima volta nell’aprile del 2005 ed è chiaro fin da subito che la famosa e ricchissima azienda leader nel settore delle bevande energetiche intende lasciare il segno. Quello che forse non tutti sospettano è che intende farlo a modo suo, stravolgendo un mondo da troppo tempo uguale a se stesso con un progetto innovativo, in gran parte contestato ma sicuramente vincente, che 15 anni più tardi porterà una squadra nata dal niente a un passo dalla finale di Champions League.
Red Bull e calcio, tutto comincia nel 2005
Il 6 aprile del 2005, nel momento in cui la Red Bull annuncia il suo ingresso nel mondo del calcio tramite l’acquisizione dell’Austria Salisburgo, quasi nessuno può immaginare l’esatta misura in cui il sistema su cui poggia il gioco più bello e diffuso al mondo sarà scosso dalle fondamenta. Chi osserva le prime mosse della nuova proprietà, oltre a trovarle discutibili sul piano etico, può infatti pensare che si tratti semplicemente di un’operazione strettamente commerciale.
Nato nel 1933 e capace durante gli anni ’90 del XX secolo di vincere tre campionati austriaci e di raggiungere la finale della Coppa UEFA 1993/1994, persa nella doppia finale con l’Inter, l’Austria Salisburgo cessa di fatto di esistere proprio il 6 aprile del 2005: per la nuova proprietà il passato sembra non esistere più, lo sguardo è costantemente rivolto al futuro, e simboli tradizionali come logo e colori sociali vengono immediatamente ammainati per fare spazio al nuovo che avanza.
È una rivoluzione brusca, improvvisa, che non concede sconti e non permette il minimo ripensamento: ai tifosi scontenti la Red Bull lascia una sola scelta, accompagnare il club in quella che sarà una vera e propria rinascita sportiva oppure andarsene, opzione quest’ultima che i più duri e puri percorreranno andando a fondare un nuovo club, lo Sportverein Austria Salisburgo. Chi resta assisterà alla nascita del Red Bull Salisburgo, club destinato a prendersi la scena in Austria e a dare il via a un progetto nuovo e innovativo, che appena 15 anni più tardi arriverà a sfiorare la Champions League e sarà preso ad esempio da molte grandi realtà.
Red Bull Salisburgo, il primo step
L’operazione di rebranding che trasforma l’Austria Salisburgo in Red Bull Salisburgo, come abbiamo detto, è totale e non coinvolge soltanto il nome: i colori sociali passano dal viola al bianco-rosso, il logo presenta le due ali tipiche dell’azienda, a cui presto si aggiungono i tori.
I risultati sul campo sono immediati: nella stagione 2006/2007, con Giovanni Trapattoni in panchina, arriva la prima vittoria della Bundesliga nell’era Red Bull, un trionfo a cui ne seguiranno altri 10 nei successivi 14 anni (con 4 secondi posti) insieme a ben 7 coppe d’Austria. Attenzione però: se all’indomani dell’ingresso della Red Bull nel calcio la sensazione è che si tratti di un’operazione puramente commerciale – Salisburgo è del resto la città dove sorge l’azienda nata nel 1984 – ben presto il tutto assume i contorni di un vero e proprio progetto a medio-lungo termine, che di anno in anno cresce sempre più arrivando a toccare i quattro angoli del pianeta.
Red Bull chapters: le squadre filiali
Reduce dall’esperienza vincente negli sport estremi e nella Formula 1, vera e propria azienda leader per quanto riguarda il marketing, la Red Bull si espande nel calcio con una serie di investimenti che toccano quasi ogni angolo del pianeta: nel 2006 acquista i New York MetroStars, trasformandoli in New York Red Bulls, quindi si sposta dagli Stati Uniti al Brasile, creando il Red Bull Brasil, e successivamente in Africa con i Red Bull Ghana.
La prima è un’operazione puramente commerciale, le altre dovrebbero essere le basi per lo scouting e la formazione di giovani talenti ma non forniranno i risultati sperati: il Red Bull Ghana viene chiuso nel 2014, il Red Bull Brasil invece diventa la squadra filiale del Red Bull Bragantino, club acquistato nel 2019 e attualmente nella massima divisione brasiliana.
2009, ultimo step: il Red Bull Lipsia
Il 19 maggio 2009 la Red Bull e il calcio che conta si incontrano per la prima volta: dopo un inseguimento durato ben 3 anni l’azienda austriaca riesce a entrare in uno dei cinque campionati top d’Europa dopo aver acquisito il titolo sportivo del modesto SSV Markranstädt, club nei pressi di Lipsia che gioca in quinta serie e che anche stavolta cambia immediatamente logo e colori sociali.
Per il nome la faccenda stavolta è più complessa: la federcalcio tedesca vieta ai club di riportare nomi di aziende, così la Red Bull ricorre all’espediente di chiamare la neonata società RasenBallsport Leipzig. Le iniziali di RasenBallsport – letteralmente “sport della palla sul prato”, un termine inventato di sana pianta – sono appunto RB e ricordano quelle dell’azienda: inevitabilmente il club sarà presto noto ufficiosamente come Red Bull Lipsia.
Appena un decennio più tardi questa squadra di quinta divisione stravolgerà le scommesse sulla Champions League, arrivando fino alle semifinali e dimostrando a tutti, detrattori compresi, la validità di un progetto che punta moltissimo sullo scouting e sul player trading e che certo non prevede il buttare milioni di euro dalla finestra.
Red Bull & calcio, un progetto che divide
È proprio all’indomani della nascita del Red Bull Lipsia che le critiche nei confronti dell’azienda e del suo modo di “aggredire” il mondo del calcio diventano più feroci: l’espediente utilizzato per aggirare le norme sul nome è niente rispetto alla costituzione di una società creata ad hoc per detenere le quote di maggioranza del club, stratagemma che permette alla Red Bull di ignorare la regola che impedisce a un unico soggetto o entità di controllare una società calcistica.
Si tratta di una delle tante mosse al limite e decisamente criticabili applicate da Red Bull nel calcio: l’azienda creata nel 1984 da Dietrich Mateschitz non lascia spazio a parole come romanticismo, tradizioni, persino storia, ed è sempre pronta a fare a meno di chi non si rivela all’altezza di un sistema a prima vista freddo e spietato anche nei suoi regolamenti interni, molto diverso dal concetto di “grande famiglia allargata” che la multinazionale vorrebbe mostrare.
Allo stesso tempo, però, è innegabile che il progetto proposto dalla Red Bull nel calcio è innovativo, per molti versi affascinante e sicuramente vincente. Possiamo definire il 2012 come l’anno della svolta, con l’arrivo del duo tedesco formato da Ralf Rangnick e Roger Schmidt: il primo sovrintende tutta la struttura calcistica, il secondo è il primo di una serie di allenatori chiamati a praticare un calcio fresco, offensivo, in grado di valorizzare i tanti giovani scoperti continuamente dal sistema Red Bull.
Risultati e futuro
Erling Haaland, Hwang Hee-chan, Naby Keita, Sadio Mané, Takumi Minamino, Dominik Szboszlai, Dayot Upamecano e Timo Werner sono solo alcuni dei nomi prodotti da questo universo in continua espansione, un progetto economicamente vincente e virtuoso che sembra aver preso letteralmente alla sprovvista il mondo del calcio. Mentre gli altri spendono e spandono, infatti, il Salisburgo continua a dominare in Austria e a preparare al meglio le stelle di domani, chiamate a fare grande il Lipsia o ad arricchire le casse societarie.
Passato dalla 5^ divisione alla Bundesliga nel giro di 7 anni, il Red Bull Lipsia si è piazzato una volta secondo e due volte terzo nella massima serie tedesca e prenderà parte quest’anno per la terza volta alla Champions League, competizione che la scorsa stagione, sorprendendo tutti i siti di scommesse sportive, ha salutato soltanto in semifinale dopo la sconfitta contro il ricchissimo PSG. Proprio il calcio degli emiri è quanto di più lontano esista dal “modello Red Bull”, un progetto che si rinnova continuamente, che non ha paura di niente e di nessuno e che è costantemente pronto a scommettere su se stesso.
In questo senso niente è cambiato durante l’estate: nelle quote sul calcio la vittoria della Bundesliga austriaca da parte del Salisburgo è quotata addirittura 1,07, mentre con una quota di 19,00 il Lipsia si presenta come la terza forza del campionato tedesco alle spalle di Bayern Monaco e Borussia Dortmund. E se in Champions arrivasse il colpo grosso? Difficile, ma se c’è una cosa che la Red Bull ci ha insegnato in questi anni è che niente è davvero impossibile.