Serena Williams e uno psicodramma di cui avremmo fatto volentieri a meno
Sgombriamo subito il campo: ammetto di avere tifato Naomi Osaka non solo durante la finale, ma anche nei turni precedenti. La ragazza ha infatti dimostrato di possedere un mix di talento, potenza, grazia e spontaneità che non possono non farla apprezzare sia durante le partite, sia a bocce ferme. Anche per questo ho provato un certo ribrezzo per il can can mediatico che si è sollevato per il presunto torto subito da Serena Williams. Una sceneggiata che la supercampionessa ha iniziato sul campo e diversi media e influencer hanno proseguito su giornali e portali, e che trascura l’unica vittima di quanto accaduto l’altra sera: Naomi Osaka, appunto.
Naomi, da sogno a quasi incubo
Vincere a 20 anni il primo torneo del Grande Slam battendo la giocatrice che è da sempre il tuo idolo sportivo è un sogno condiviso da milioni di ragazzine. Vincere a 20 anni il primo torneo del Grande Slam battendo la giocatrice che è da sempre il tuo idolo sportivo, ma vedere l’impresa oscurata dall’assurdo psicodramma messo su proprio dal nostro ex modello da imitare, beh, è qualcosa di vicino al peggiore incubo possibile.
La liturgia del vittimismo
I media di tutto il mondo si sono divisi ma non su quello che è accaduto, perché davvero non è nulla che si presti a interpretazioni. Il mondo dei media e dei social si è diviso sul preconcetto che Serena ha tirato in ballo, ma che con la sua sconfitta c’entra qualcosa di molto prossimo allo zero.
Viviamo tempi difficili, in cui la sensibilità su certi gravi questioni ha decisamente debordato. Il sessismo esiste ancora oggi, certo, così come il razzismo, ma non è tirandoli in ballo sempre e a sproposito che si aiuta la causa. Anzi, additarli come causa di fenomeni che ne sono invece estranei può essere controproducente. Vedi ad esempio il caso di Asia Argento e del movimento “MeToo“, che da reclamo di attenzione su un dramma intimo e terribile è diventato arma di ricatto e minaccia. Perché distruggere la reputazione di una persona è un attimo, e se poi tutto si rivela inventato allora boh, pazienza dai…
Serena Williams e i precedenti
Chi pensa che Serena Williams sia stata maltrattata perché nera e donna, non sa di cosa sta parlando oppure è in malafede. Oltre che un’atleta leggendaria, Serena è anche una non certo nuova a colpi di testa.
Allo US Open 2004 la più giovane delle Williams era andata in tilt dopo un overrule del giudice di sedia, regalando il match a Jennifer Capriati.
Cinque anni dopo, in semifinale contro Kim Clijsters si verificò qualcosa di inquietante. Sul 6-4, 6-5 Clijsters e 15-30 sul servizio dell’americana, Serena si vide chiamato un fallo di piede sulla seconda di servizio da una giudice di linea e impazzì: la minacciò di infilarle la pallina in gola e si beccò un punto di penalità che consegnò il match all’avversaria.
Nella finale dell’altro giorno il giudice di sedia Carlos Ramos può al massimo venire accusato di essere stato un po’ fiscale, ma nulla di più. Non esiste al mondo, oggi, che qualcuno la passi liscia dopo aver dato del ladro all’arbitro in mondovisione. Non esiste sia che si tratti di una donna, sia che sia un uomo. Si tratta di un chiaro colpo di testa, pagato con il minimo possibile. Se infatti l’organizzazione avesse squalificato Serena, non ci sarebbe stato nulla di scandaloso.
Invece il match è continuato e Naomi Osaka è stata eccellente anche nel non perdere la lucidità di fronte a uno shock del genere. Non dimentichiamo che si tratta di una ragazza di 20 anni sul punto di vincere il suo primo Slam di fronte alla campionessa che ha sempre preso a modello, e che sta letteralmente dando di matto.
Serena come Zizou
La storia fa tornare in mente un altro colpo di testa – in quel caso vero e proprio – che fece scalpore: quello di Zinedine Zidane nella finale del Mondiale 2006 contro l’Italia. Anche lì non era una prima volta (Zizou l’aveva già combinata in maglia Juve contro l’Amburgo) e anche lì furono spesi fiumi di inchiostro. Ma nessuno si discostò dai binari di quanto successo: un supercampione che ha un attimo di follia e rovina non solo l’ultima grande recita ma l’immagine di una intera carriera.
Il razzismo (a comando) dei leoni da tastiera
Anche con Williams sarebbe dovuto accadere qualcosa di simile, invece abbiamo persino letto condanne a una vignetta satirica, che prende in giro Serena in quanto “bimba viziata” ma viene tacciata di razzismo. Il suo autore, il vignettista Mark Knight, viene ricoperto di insulti e costretto a oscurare il suo profilo Twitter.
Il razzismo è un problema talmente serio che non può diventare un simulacro. Se si vede del razzismo nei confronti di Serena Williams allo US Open, ovvero della tennista più forte di sempre nel torneo “di casa”, si fa un torto alla verità. A questo punto avrebbe potuto essere razzismo quello di Serena nei confronti della povera giudice di linea nel 2009, una donna dai tratti orientali proprio come Naomi Osaka. Magari se qualcuno avesse segnalato la cosa sui social sarebbe partito lo shitstorm contro Serena per discriminazione razziale, a sua volta. Sarebbe però stata una fesseria, come del resto lo è sostenere che ci sia stato del razzismo o sessismo nella querelle della Williams durante l’ultima finale dello US Open.
Di tutto questo, agli zelanti leoni da tastiera non frega nulla. Essi non hanno pietà di niente e attendono solo il prossimo capro espiatorio da scannare, ai portali non sembra vero di ricevere ondate di click. E a nessuno, nessuno, di costoro, importa un fico secco di Naomi Osaka. Nessuno pensa a quanto le sia stata rovinata la festa per una vittoria chiarissima e quasi umiliante. Nessuno si vergogna, come invece dovrebbe.
Serena, campionessa fragile
La verità è come sempre non solo bianca o nera. La verità è che Serena ha fatto qualcosa di straordinario e probabilmente non emulabile, in carriera. Stiamo parlando di una ragazza partita dal nulla, che ha riscritto la storia del tennis imponendosi come la migliore di sempre in uno sport da sempre “bianco” ed elitario. Un personaggio estroverso e controverso, che ha sempre amato lottare per ciò in cui crede anche se questo non la rende infallibile.
La strabordante fisicità di Serena è stata l’arma letale con cui ha scohttps://sports.bwin.it/it/news/altri-sport/tennis/come-scommettere-sul-tennislpito il proprio nome nella storia di questo sport, ma anche un fardello che l’ha spesso esposta all’ironia della gente. L’americana è da anni oggetto di costanti “body shaming”, battute sulle sue curve e sul suo corpo che lei ha peraltro sempre quasi sfidato, sfoggiando mise stravaganti e improbabili.
E poi stare tanti anni (sono già circa 20) costantemente sotto i riflettori, con lo stress agonistico a dettare i ritmi della vita, non è qualcosa che può lasciare indenni. Serena è una supercampionessa estremamente fragile, ma non è nascondendo i suoi eccessi che le si fa un favore.
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