Le rimonte impossibili: quando tutto sembra perduto, e invece...
Le rimonte impossibili: quando tutto sembra perduto, e invece...

Le rimonte impossibili: quando tutto sembra perduto, e invece…

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Sono due le cose che suscitano più emozioni nel mondo dello sport: le grandi vittorie e le rimonte impossibili. Ed è proprio di questi accadimenti che vogliamo parlarvi oggi, raccontandovi le rimonte più incredibili nella storia dello sport. Abbiamo cercato di variare, non limitandoci soltanto al calcio, ma spaziando anche al tennis, al basket e al ciclismo. Speriamo di regalarvi qualche minuto di positività, in questo periodo in cui un po’ tutti abbiamo bisogno di credere che farcela è possibile, anche quando tutto sembra ormai perduto.

Rimonte impossibili: Milan-Liverpool, una ferita ancora aperta

Istanbul, finale della Champions League 2004/2005. Dopo aver centrato la sesta Coppa dei Campioni due anni prima, nella finale tutta italiana contro la Juventus, il Milan di Carlo Ancelotti si presenta all’atto conclusivo della Champions con i favori del pronostico. L’avversario è il Liverpool di Rafa Benitez, Steven Gerrard e Luis Garcia. Un avversario temibile, senza dubbio, ma che sulla carta non ha la stessa qualità dei rossoneri.

Che infatti partono a mille, schiacciano i Reds per 45’ e vanno all’intervallo con uno dei 3-0 più netti ed inequivocabili nella storia del calcio. Tutti i tifosi rossoneri stanno già festeggiando (chi vi scrive incluso), ma non avevano fatto i conti con quei dannati 6 minuti: dal 54’ al 60’, il Liverpool va a segno tre volte (con Gerrard, Smicer e Alonso) e pareggia i conti, portando la gara ai supplementari e poi ai rigori. Dal dischetto, i Reds si dimostreranno più freddi, completando la loro rimonta impossibile.

Barcellona-PSG 6-1: la remuntada pazzesca

Il termine remuntada era già famoso in Spagna da qualche anno. Significa proprio “rimonta”, ed è ciò che il Barcellona riuscì a portare a termine negli ottavi di finale della Champions League 2016/2017. I blaugrana erano stati surclassati per 4-0 dal Paris Saint Germain il 14 febbraio e sembravano ormai condannati ad una clamorosa eliminazione: mai nessuno aveva rimontato un tale passivo in un ottavo di finale, roba da quote pazzesche nelle scommesse sulla Champions League.

L’8 marzo 2017, il Camp Nou è una bolgia, che si infiamma immediatamente quando Luis Suarez apre la gara di ritorno segnando al 3’. Un autorete di Kurzawa al 40’ dimezza lo svantaggio degli spagnoli, che dopo il rigore di Messi al 50’ cominciano a crederci. Al 62’, però, Cavani trova la via del gol, aggiornando il risultato sul 3-1. Qualificazione andata? Niente affatto. La rimonta impossibile si riaccende all’88’ quando Neymar piazza il 4-1, che però non basta: servono ancora 2 gol, in virtù della regola della rete in trasferta. Al 91’, il Barcellona usufruisce di un altro calcio di rigore, che lo stesso brasiliano trasforma.

Gli ultimi minuti di recupero sono un assedio all’arma bianca. E al 95’, il muro parigino crolla per la sesta e decisiva volta: è Sergi Roberto a completare una delle rimonte impossibili più clamorose nell’era della Champions League, spedendo il PSG all’inferno e il Barcellona in paradiso.

Golden State-Cleveland, la rimonta incredibile targata LeBron

Passiamo alle rimonte impossibili del basket, perché le Finals NBA del 2016 sono entrate di diritto nella storia della pallacanestro: per la prima volta, infatti, una squadra sotto 1-3 è riuscita a rimontare e a conquistare l’anello. La serie in questione è Golden State Warriors-Cleveland Cavs: 7 partite una più emozionante dell’altra, la cui scenografia sembra scritta a tavolino per dipingere una delle storie di sport più intense di sempre.

I Cavs, come detto, sono sotto 1-3. LeBron James è tornato a Cleveland da un anno con l’obiettivo di regalare all’Ohio il primo titolo professionistico dal Dopoguerra. Ma il 2016 non sembra l’anno buono, perché davanti ci sono gli Warriors dei record: Steph Curry e compagni hanno chiuso la regular season col record di vittorie, detronizzando i Bulls di un certo Michael Jordan. E alle Finals stanno volando, tanto che basta loro portarsi a casa una delle restanti tre sfide per laurearsi campioni.

Ma LeBron non ci sta. Trascina i suoi al 2-3, poi al 3-3, e si conquista il diritto di giocarsi il tutto per tutto, sebbene in trasferta. Gara 7 è pura magia, un concentrato di highlights che va oltre la memorabile stoppata che King James rifilò a Iguodala. Il punteggio finale dice 93-89 Cavs: Cleveland è davvero campione dopo esser stata sotto per 1-3.

Andre Agassi e il Career Grand Slam

Il 6 giugno del 1999, Andre Agassi rientrava finalmente nel ristretto cerchio di quei tennisti capaci di completare il Career Grand Slam, cioè di vincere almeno una volta in carriera tutti i tornei del Grande Slam. Gli mancava soltanto il Roland Garros, terreno sul quale aveva già sfiorato la vittoria due volte: nel 1990, perdendo la finale contro Andres Gomez, e nel 1991, cedendo contro un Jim Courier al suo primo trionfo in uno Slam.

In finale, Agassi incontra Andrei Medvedev, promessa mancata del tennis mondiale che dopo aver raggiunto il numero 4 delle classifiche ATP a soli 19 anni, nel 199 è scivolato al numero 100. Per arrivare all’atto conclusivo di quel Roland Garros, però, Medvedev ha già fatto fuori due top player come Pete Sampras e Gustavo Kuerten. Insomma, non è la classica vittima sacrificale.

E infatti, il russo parte bene. Anzi, divinamente. Annichilisce Agassi 6-1 nel primo set, e gli rifila un altrettanto pesante 6-2 nel secondo. Nel terzo set, sul 4-4 ha la palla break che gli consentirebbe di servire poi per il match. L’americano però non perde la calma, si porta a casa quel punto decisivo e dà il via alla rimonta incredibile. Chiude il terzo set sul 6-4, si porta a casa il quarto 6-3 e al quinto replica con un altro 6-4.

Gino Bartali trionfa al Tour de France

Siamo nel 1948, in pieno dopoguerra. In Italia la tensione è altissima: siamo vicini ad una clamorosa guerra civile. Gino Bartali è già un campione, ha già vinto tre volte il Giro d’Italia e si presenta al Tour de France con un doppio peso sulle spalle: quello di uno dei favoriti e quello di un intero Paese che guarda a lui per distrarsi dai suoi enormi problemi.

A metà Tour, però, il Ginettaccio ha 21 minuti di ritardo dal leader Louison Bobet, tanto che molti giornalisti nostrani preferiscono rientrare alla base, anche perché Bobet passa indenne i Pirenei. Ma nella prima tappa alpina, Bartali sferra un attacco micidiale che gli permette di recuperare 20 minuti. Bobet mantiene la maglia gialla, che però l’azzurro gli sfila il giorno dopo, mantenendola fino alla passerella di Parigi. Al tempo non esistevano ancora le scommesse sportive come le intendiamo oggi, ma un’impresa come questa difficilmente sarebbe stata quotata.

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