Il calcio in Nicaragua è al centro delle attenzioni di tutto il mondo visto il particolare momento vissuto dallo sport, con la Clausura della stagione 2019/2020 che è entrata nel vivo con i playoff per il titolo. Abbiamo chiesto a Giacomo Ratto, portiere giramondo e che tra le sue numerose esperienze ha visitato anche il campionato centro-americano, di raccontarci com’è la Liga Primera.
Cresciuto nel Varese, Ratto si è distinto da giovane con le maglie di Luino e Leggiuno mancando però il treno giusto per il calcio che conta. La sua sembrava una carriera destinata all’anonimato come tante, ma la svolta è arrivata nel 2013 con un’esperienza a Malta: da lì ha avuto inizio un vero e proprio giro del mondo che lo ha portato in Svizzera, Panama, Nicaragua, Isole Fiji e Mongolia, esperienze che lo hanno trasformato in un vero e proprio globetrotter del calcio e lo hanno arricchito come persona.
Qual è il livello del calcio in Nicaragua?
Come sei arrivato a misurarti con il calcio del Nicaragua?
Sono arrivato nel 2014 per giocare la Clausura 2014 con l’UNAN Managua grazie all’agente Carlos Fariñas, forse il più importante agente di calcio del Nicaragua. Lo contattai per avere informazioni sul campionato locale, avevo voglia di mettermi alla prova in una realtà tanto differente. La mia prima partita fu contro il Walter Ferretti, uno dei club più titolati, e nonostante fossi arrivato da poco il mio fu uno dei tre nomi scelti per il premio di migliore in campo.
La mia esperienza in Nicaragua è stata molto positiva, sono stato accolto bene dai compagni con cui si è creata sintonia sin dall’inizio. Purtroppo l’avventura terminò non nel migliore dei modi a causa di un infortunio che mi costrinse ai box per quasi tutto il campionato, ma ho conservato ottimi ricordi anche perché dopo Svizzera e Malta non avevo mai vissuto un’esperienza così esotica, escludendo un paio di mesi a Panama poco prima.
Qual è il livello della Primera Liga?
Penso che allora si potesse paragonare a un quarto livello italiano, pur con tutte le differenze del caso. Magari le prime due-tre squadre potrebbero ben figurare anche in Serie C. Se a livello tattico e di ritmo si parla di un torneo con alcuni limiti, dal punto di vista tecnico non mancano giocatori di qualità e la stragrande maggioranza dei club fa girare la palla, costruendo l’azione dal basso. Il calcio in Nicaragua è piacevole, forse nel 2014 era un po’ carente a livello di infrastrutture ma so che anche da questo punto di vista sta migliorando, e lo stadio dove giocavamo noi, l’Estadio Nacional, era molto bello.
Ricordi qualche compagno di particolare talento? Conosci l’attuale capocannoniere, il messicano Fernando Villalpando?
Non conosco Villalpando personalmente, ma è gestito sempre da Fariñas e sicuramente ha dimostrato sul campo il suo valore. Un vero talento che ho conosciuto in Nicaragua è Emilio Palacios, un attaccante che purtroppo ha avuto la carriera frenata da un brutto infortunio ma che tecnicamente era di un livello decisamente superiore: è ancora oggi il miglior marcatore della Nazionale in competizioni ufficiali.
A Panama giocavo nel Tauro, tra i miei compagni molti giocavano in Nazionale. Ne ricordo due in particolare, Edwin Aguilar, che in amichevole segnò anche un gol al Porto, e “El Matagatos” Luis Renteria: era un bomber implacabile, avevamo stretto un ottimo rapporto, purtroppo è morto a soli 25 anni a causa di una brutta malattia, il lupus. Ci eravamo sentiti pochi giorni prima.
Le difficoltà di giocare all’estero
Essere un portiere italiano ti ha aperto molte porte all’estero?
Tutt’altro. In molti Paesi è vietato ingaggiare portieri stranieri, penso ad esempio alla Cina, al Marocco, a Libano, Kuwait, Emirati Arabi. Trovo che sia una regola sbagliata, perché in una squadra il nostro è un ruolo fondamentale e può aiutare anche i giovani locali a crescere. Quando ho giocato in Mongolia ho visto il ragazzo che mi faceva da riserva migliorare notevolmente, anche grazie ai miei consigli, fino ad arrivare alla Nazionale.
In molti Paesi gli slot per gli stranieri vengono spesi per ingaggiare difensori centrali esperti, registi di centrocampo, attaccanti, sono ruoli che molti allenatori ritengono più determinanti. Per me è un pensiero sbagliato, ma posso rispettarlo almeno fino a quando non c’è una regola specifica che impedisce a un calciatore di avere meno possibilità degli altri.
Le scommesse sul calcio, visto il momento particolare vissuto dallo sport mondiale, hanno portato Nicaragua all’attenzione di molti appassionati. Spesso però in troppi tendono a sminuire il livello delle squadre che prendono parte alla Primera Liga.
Ad esempio nella Champions League CONCACAF del 2015 il Walter Ferretti è stato eliminato dopo una doppia sfida persa di misura contro i messicani del Club America. Ora, quante squadre di Serie D sarebbero state in grado di non prendere 6 o 7 gol? È davvero difficile fare un paragone tra campionati e realtà diversi, anche perché in Nicaragua – così come in molte altre parti del mondo – i top club sono a un certo livello e le altre squadre a un altro.
“Il calcio in Nicaragua non è per tutti”
Hai detto più volte che comunque questi campionati non sono alla portata di tutti: quali sono le difficoltà maggiori?
Nel mio ruolo saper comunicare con la difesa può fare la differenza, ci vuole il giusto atteggiamento e la necessaria apertura mentale. Queste sono qualità fondamentali anche per inserirsi al meglio in un contesto spesso molto diverso a quello a cui si è abituati: ci si confronta con una cultura, calcistica e non, differente, con temperature differenti, un cibo differente. In più forse qualcuno lo dimentica, ma parliamo di calcio professionistico: qualcuno, pochi o tanti che siano, investe dei soldi su di te e pretende che tu, in quanto straniero, faccia la differenza. Tu sei lì per giocare a calcio e farlo bene.
Non parliamo sicuramente di Serie A o Premier League, ma è bene smentire un luogo comune: il livello dei calciatori, anche a quei livelli, non è basso, è gente che fa quello di lavoro, che gioca in Nazionale. Lo sport nazionale del Nicaragua è il baseball, dal punto di vista calcistico è ancora un Paese molto giovane, paragonare il campionato locale alla nostra Lega Pro o alla Serie D non è comunque un’eresia, parliamo di professionismo, tutto va inquadrato nel giusto contesto. Non è la Promozione, non è per tutti, a maggior ragione se sei straniero.
Che differenze ci sono tra il calcio del Nicaragua e quello giocato nelle tue esperienze in Europa, Asia e Oceania?
È chiaro che il calcio riflette in qualche modo le differenti culture. Potrei dire che a Malta, dove ho giocato in questa stagione, lo stile è molto inglese, molto fisico, si gioca in modo più diretto. Il calcio in Nicaragua è più tecnico, ma allo stesso tempo non tutti i giocatori sono strutturati fisicamente come gli europei. In Asia e Oceania certo non ho giocato in campionati di prima fascia, ma per quella che è la mia esperienza posso dire che la strada da percorrere è ancora molto lunga, anche se in Mongolia il movimento è in grande crescita e giusto in questi giorni è stato istituita la prima associazione calciatori ufficiale.
“Il calcio in Italia deve ripartire”
In questi giorni si discute sull’opportunità che il calcio riparta in Italia. Qual è la tua opinione in merito?
La prima domanda da farsi è: si può ripartire in sicurezza? Detto questo, la gente spesso dimentica che i grandi campioni che guadagnano milioni sono soltanto la punta dell’iceberg di un movimento che offre lavoro a migliaia di persone: calciatori, ma anche giornalisti, magazzinieri, staff. Il calcio è un’azienda e bisogna che venga tutelata e messa in condizione di ripartire, senza scadere in discorsi populisti.
Cosa riservano presente e futuro a Giacomo Ratto?
Sono arrivato a Malta per giocare con i Victoria Wanderers e le cose stavano andando bene, ma vista la situazione sembra che congeleranno il torneo. In futuro mi piacerebbe mettermi alla prova come allenatore, ma è un discorso che rimando a tra qualche anno: per adesso voglio giocare ancora e con il mio agente in Nicaragua sto valutando diverse opportunità.
Mi piacerebbe riprendere un’avventura che causa infortuni sento di aver lasciato in sospeso, ma tengo una porta aperta anche su un ritorno a Malta – sarebbe la quarta volta – e su alcuni Paesi del Sud-Est Asiatico. Vediamo quello che succederà, ma certo il mio viaggio non è ancora finito.