Luciano Moggi, uno degli uomini più influenti nella storia del calcio italiano, ha rilasciato una lunga intervista esclusiva alla nostra redazione. Con maestria il direttore, ci ha dedicato una piacevolissima telefonata districandosi tra le nostre domande, che hanno ripercorso la sua grande carriera e i campioni che ha portato in Italia e poi ha gestito. Juventus, Napoli, ma anche i suoi giudizi su Inter e Milan, passando per Ibrahimovic e Maradona, soffermandosi su Pogba e Higuain. Una carrellata su trent’anni di Serie A, dalle vette degli anni ’80 sino ai giorni nostri, passando per il big match di San Siro tra un Milan giovanissimo e l’esperta e rodata Vecchia Signora di Max Allegri.
Il direttore è – senza tema di smentite – un grande conoscitore del gioco, e ci ha ricordato la chicca del mancato passaggio in bianconero di un giovanissimo Cristiano Ronaldo, allora solo diciassettenne. Ovviamente, con la sua esperienza ha superato ogni porta dello slalom nelle domande che gli avevamo preparato, ma il tono della sua voce si è fatto ancora più caldo, quando si è soffermato sulla Nazionale azzurra e sui troppi stranieri che militano ora nel nostro campionato. I Mondiali vinti da Marcello Lippi in Germania con tanti suoi calciatori in campo, rappresentano per Moggi una delle medaglie più splendenti. Alti e anche bassi, dobbiamo riconoscerlo, con le inchieste giudiziarie di cui è stato protagonista. Certamente un’intervista da leggere d’un fiato, per tutti gli amanti del calcio italiano.
Moggi, quando lei ha ceduto Zinedine Zidane al Real Madrid, poi ha rifondato la squadra. Ha fatto bene la Juventus a cedere Pogba al Manchester United per oltre 100 milioni di euro e comprare poi Higuain a oltre 90? Oppure se lei fosse stato ancora un dirigente bianconero, avrebbe acquistato più pedine e magari giocatori più giovani?
Partendo dal presupposto della cifra incassata per Pogba, direi che la Juventus ha fatto bene a venderlo. Poi, per il resto, non sono io che devo rispondere, anche perché per dare una risposta adeguata a una domanda del genere bisogna conoscere i giocatori che si hanno in gruppo, e che quindi debbono restare. Per cui, trovo difficoltà a stabilire se abbiano fatto bene o male. Io credo che all’interno del calcio italiano la Juventus sia la squadra superiore a tutte. Poi, in Europa, è tutto da vedere; ma penso che i dirigenti abbiano operato nel modo migliore insomma.
Parlando del Milan, c’è stato un momento in cui lei è stato vicino al Milan? Sappiamo della stima del Presidente Berlusconi nei suoi confronti: lei stava per firmare coi rossoneri e poi il suo passaggio non si è concretizzato?
No, c’è stato un momento in cui, per volere del dottor Berlusconi, io potevo andare al Milan. Poi praticamente c’è stato chi ha fatto cambiare idea a Berlusconi all’interno della società, per evitare di perdere il posto. Quindi la cosa non è andata in porto.
Venendo alla sfida di San Siro Milan-Juventus: tra Berlusconi e Agnelli ci può rivelare qualche aneddoto che riguarda gli anni d’oro del passato? Si contendevano anche alcuni campioni?
Ma no, non c’erano aneddoti particolari. La sfida con il Milan è stata quando io ho preso Zidane dal Bordeaux, e loro hanno preso Dugarry.
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Zinedine Zidane e Christophe Dugarry, compagni nella Francia e al Bordeaux, avrebbero avuto fortune diverse con Juventus e Milan
Il testa a testa negli anni Novanta fra il Napoli e il Milan di Sacchi
Beh (ride), quelle erano veramente altre squadre: se ci fossero adesso, i campionati verrebbero vinti con venti punti di distacco.
Squadre stellari per il calcio mondiali a fine anni ’80. Com’era la gestione di un fuoriclasse come Diego Maradona? Ci parlano suoi ex compagni di giocate incredibili con cui il Pibe de oro illuminava gli allenamenti. E’ vero che poi si trascinava dietro tutto lo spogliatoio, e che le chiedesse aumenti anche per gli altri giocatori del Napoli?
No, questo non è mai successo. Praticamente, diciamo che Maradona aveva a cuore la sorte dei compagni. Perché Diego – al di là di quello che si dice – è stato sempre una persona di cuore. Amava Napoli e i giocatori azzurri erano per lui sacri. Avrebbe fatto tutto il possibile, ma l’unica cosa che faceva per fargli prendere premi, è che certe volte vinceva le partite da solo.
Paragonando il calcio italiano e l’economia di quegli anni ’80 ai nostri giorni dove, Juventus a parte, dobbiamo dire che girano pochi soldi nel calciomercato. Cosa si potrebbe fare, a suo avviso, a livello di diritti televisivi, di nuovi stadi, di normative fiscali, per cercare di attirare nel movimento nuovi investimenti nostrani e stranieri?
Questa è la storia del fatturato che reclama spesso e volentieri Sarri. Per intenderci l’immagine del calcio è tanto più fiorente, quanto è più sfiorente l’apparizione dei giocatori stranieri di seconda o terza categoria. Purtroppo il calcio italiano ha l’abitudine di fornirsi di troppi stranieri di questo livello più scadente, per cui ne soffre l’immagine e di conseguenza anche i diritti televisivi e tutto l’apparato che, sostanzialmente, viene rappresentato dalla Nazionale. In un paese in cui il calcio è lo sport principale, la Nazionale oggi non è così forte. Per avere un’idea, per migliorare il calcio, la prima cosa da fare è far tornare i campioni di una volta. Fuoriclasse che non vengono più da noi per dei motivi ben precisi: primo perché nel calcio italiano c’è troppo stress, troppa moviola, ci sono troppe critiche. Vanno più volentieri in Inghilterra perché, finita la partita, si passa tranquillamente alla prossima senza problemi e senza polemiche. Vanno in Germania per lo stesso motivo. Insomma vanno in paesi dove si può giocare senza avere una settimana di polemiche come succede in Italia. Quindi la prima operazione da fare è riportare i campioni veri, e non i giocatori di seconda e terza scelta. L’Udinese ad esempio, con undici stranieri, di cui è difficile trovarne uno che sappia modificare il calcio. L’Inter con undici stranieri, Fiorentina undici stranieri. Roma, nove o dieci stranieri: è questo il problema del calcio italiano in questo momento.
La sento sulla stessa linea di Arrigo Sacchi. Negli anni del Napoli di Maradona e del Milan di Van Basten, c’erano al massimo tre stranieri.
Sì, ma che si chiamavano Careca, Maradona, Alemao. Giocatori di un’altra categoria, che modificavano l’essenza e l’andamento di una squadra. Invece, se si va a vedere i giocatori che vengono, non modificano niente. Fatto salvo per la Juventus, che sta operando molto professionalmente in campo internazionale, con i giocatori che servono.
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Napoli-Milan 2-3 è lo scontro decisivo per lo Scudetto 1987/88 nonché una della partite più iconiche del calcio italiano anni Ottanta
Il mondiale “bianconero”, la Juventus di Allegri, gli aneddoti su Ibrahimovic e il rimpianto Cristiano Ronaldo
Moggi, lei ha sentito un po’ suoi Mondiali vinti da Marcello Lippi? Per l’ossatura juventina di quella Nazionale, lei ha dato un suo contributo?
Beh, questo non lo devo dire io. Lo devono dire gli altri. Se praticamente nell’Italia c’erano sei juventini, un allenatore juventino, un preparatore juventino…Se nella Francia c’erano quattro giocatori della Juventus, io non voglio prendermi meriti, ma erano calciatori che avevo scelto io. Il resto lo possono capire quelli che danno spazio alle opinioni sul calcio.
Che cosa manca a questa Juventus di Allegri per arrivare al livello delle big europee, pur essendo giunta sino in finale di Champions League?
Manca la personalità del centrocampo che, specialmente in questo momento, non ha la stessa valenza della mediana del passato. Non c’è più un Pirlo, non ci sono giocatori che danno quel qualcosa in più e che incoraggiano i compagni, non ci sono più quei giocatori che con un passaggio siano in grado di mettere gli altri davanti al portiere. Questo manca nella Juventus attuale, però è una cosa che si può modificare nell’essenza e può portare la Juventus a certi livelli. In questo momento ai bianconeri manca tantissimo Marchisio. Lui può dare un input molto positivo a questa squadra. Può cambiare, non radicalmente, ma può migliorare il metodo e il modo di giocare di alcuni compagni. Allora, quando si vanno a osservare queste cose, si può dire che la Juventus può essere una delle squadre migliori in Europa. Probabilmente non è stato raggiunto ancora il top, perché ci sono squadre come il Barcellona che sono tecnicamente superiori, che hanno campioni che possono risolvere la partita in qualsiasi momento. Ma tenete presente che anche la Juventus ha dei giocatori in Dybala e Higuain che possono, pur non giocando bene, risolvere il problema in qualsiasi situazione. Per fare un esempio, la Juventus è stata prima in classifica con cinque punti di vantaggio dopo otto partite. Non ha mostrato un grande gioco, però ha avuto sempre a disposizioni attaccanti che hanno saputo capitalizzare le occasioni. Io ho visto la partita con l’Udinese, dove Dybala con due tiri da fermo, un rigore e una punizione magistrale, ha saputo portare in vantaggio la squadra. Ci sono questi giocatori che possono dare un input diverso. ‘Il vizio’, se vogliamo chiamarlo così, delle grandi squadre è che possono avere un Higuain che, pur non giocando bene, tocca la palla e la mette in rete. Dybala nella stessa maniera. Quindi la Juventus a livello italiano è la migliore sicuramente, mentre a livello europeo è ancora da plasmare. Secondo me non è ancora in grado di vincere la Coppa, ma sicuramente di competere e di andare molto avanti (la quota della Juventus per la vittoria della Champions League 2016/17 è di 11,00, ndr).
Ibrahimovic ha ricordato nella sua biografia quanto sia stato importante per lui il capitolo juventino, a livello di mentalità vincente, per la sua crescita fisica, tattica e tecnica. Cosa ricorda lei di Zlatan?
Ma io leggo nella biografia di Ibrahimovic che praticamente si è molto perfezionato nella Juventus di Moggi. E le dico questo perché Zlatan è venuto – lei si ricorderà – un po’ tra la diffidenza di tutti quanti, perché dicevano che era un giocatore che amava andare in porta col pallone. Io, seguendo Ibrahimovic per molto tempo, ho visto durante gli allenamenti che era un giocatore che tirava da trenta metri bordate paurose. E quindi ho pensato che chi lo criticava non lo conoscesse affatto. Ho parlato però col giocatore, e gli ho detto ‘Guarda ti porto in Italia, ma devi essere un attaccante risolutivo andando in porta con la palla, quanto tirando da trenta metri’. E lui ha dato retta a queste considerazioni che avevo fatto ed è stato un giocatore che, dovunque è andato, ha realizzato delle cose straordinarie. Eppure era stato criticato perché troppo innamorato del pallone.
Gianni di Marzio ci ha rivelato che Cristiano Ronaldo aveva già fatto le visite mediche alla Juventus ed era arrivato a Torino, ma poi Marcelo Salas rifiutò il trasferimento e l’affare saltò. E’ vero?
Tutto vero! Cristiano Ronaldo aveva diciassette anni ed era già stato firmato il contratto da cinque miliardi, una vera e propria scommessa, più Salas definitivo, che aveva accettato il trasferimento. Poi all’improvviso, il River Plate gli chiese di ritornare in patria e lui rifiutò il trasferimento. Noi non potemmo prendere Ronaldo perché non avevamo le possibilità economiche. Intervenne il Manchester United e con Ferguson gli offrì 31 miliardi. Quindi dovemmo per forza di cose lasciare un affare che avevamo preso a condizioni decisamente vantaggiose.
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Chissà cosa proveranno i tifosi juventini a guardare queste immagini...
Il futuro rossonero del calcio italiano, l’ultima spiaggia di Balotelli, il dazio pagato da El Shaarawy e il non-progetto del Milan
Dei giocatori giovani del campionato italiano attuale, quali sono quelli che lei prevede possano diventare dei campioni in futuro?
Donnarumma sicuramente. Ma io vedo anche il Milan che ha diversi giocatori giovani italiani che possono costruire un ciclo. Tra tre o quattro anni i rossoneri, continuando con questa politica, potrebbero essere una eventuale forza della Nazionale, perché hanno appunto dei giocatori di talento che possono dire molto nel campionato, e anche a livello internazionale, acquisendo l’esperienza necessaria.
Proprio il Milan negli ultimi anni però, dovendo ricostruire la rosa per motivi anche economici di monte ingaggi, ha lasciato partire due giovani talenti azzurri: Balotelli e El Shaarawy. Lei ci avrebbe puntato ancora?
Mah, Balotelli devo dire che mi piace poco. Almeno per quelle partite che ho visto io, anche se dicono che a Nizza abbia modificato il suo atteggiamento. Per quello che ho visto io a Milano mi piaceva pochissimo, anche perché è un giocatore molto monotono. In riferimento al gioco di squadra lui praticamente prendeva il pallone e, mentre all’inizio segnava anche su punizione e su rigore, poi lo perdeva senza curarsi di andare a riconquistarlo. Stava lì a guardare l’azione come si sarebbe svolta, e a me queste cose non piacciono. Mi piace il giocatore arrembante che, se perde il pallone, fa di tutto per riconquistarlo. Adesso però mi dicono che a Nizza si sia molto migliorato, anche perché potrebbe finire la carriera. Ha un procuratore eccellente come Mino Raiola, che gli avrà raccomandato di fare il professionista vero, perché altrimenti la sua carriera potrebbe finire in Francia. Insomma Balotelli si sta impegnando di più e realizza un qualche cosa di diverso, ma quello visto in Italia sarebbe stato proprio da trascurare. Mentre El Shaarawy è stato proprio ‘segato’ dal comportamento di questo giocatore, perché la squadra ha trascurato proprio il ‘faraone’ che fino a quel momento aveva segnato 15 gol per puntare tutto su Balotelli che, sostanzialmente, era la stella che era venuta fuori improvvisamente. Poi El Shaarawy ha pagato anche queste cose, e non conosco i motivi per cui il Milan lo abbia ceduto. Non è certamente un giocatore da trascurare. Non è una prima punta, è una mezza punta che gioca molto di rimessa per lanciarsi negli spazi con la velocità che ha, per mettere in difficoltà i difensori avversari. El Shaarawy in una squadra che punta a vincere lo scudetto probabilmente ci sta poco, perché queste sono formazioni che sono sempre a ridosso dell’area avversaria, e gli spazi per il ‘Faraone’ sono ridotti. Io vedo che adesso lui nella Roma sta crescendo e offrendo delle prove discrete.
Moggi, nel Milan del dopo Allegri, tra Seedorf, Inzaghi, Brocchi e Mihajlovic, chi le è piaciuto?
Ci sono allenatori da grandi squadre, e altri allenatori un po’ meno. Quelli che sono passati al Milan, fanno parte di un progetto che non è un progetto, perché quando si mandano via tanti allenatori significa che o si sbaglia a prenderli, oppure a fare la squadra. Su questo non ci sono dubbi. Se si prende Seedorf e poi lo si manda via per mettere Pippo Inzaghi, che praticamente è rimasto lì per modo di dire. Era cambiato un po’ l’atteggiamento della squadra, dove c’era qualcuno che voleva impostarla al posto dell’allenatore. E quindi non andava bene più niente, e sia stato il motivo della cacciata di allenatori come Massimiliano Allegri, che poi venne a Torino dimostrando di essere un grande tecnico. Oppure di Mihajlovic, che viene al Toro e dimostra di andar bene. Adesso probabilmente Montella, con la crisi societaria del Milan, può fare l’allenatore nel vero senso della parola e i risultati ci sono. Questo non vuol significare che il Milan non abbia giocatori interessanti come ho detto prima.
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Mario Balotelli ed Stepahn El Shaarawy nella loro - breve - parentesi felice al Milan insieme
La “Laguna di Perugia” e gli anni di Ancelotti alla Juventus
Ricordiamo che lei intervenne a difendere più volte alla Juventus un grande allenatore come Carlo Ancelotti, che non piaceva a una parte della tifoseria. Come andarono le cose?
Ma no, mi dissero addirittura che avevo preso un maiale come allenatore. E allora io dissi a loro ‘Guardate, visto e considerato che io ho preso un maiale, avrete in panchina il maiale che condurrà la Juventus’. Da allora poi né Ancelotti né il sottoscritto hanno avuto più problemi. Anche perché poi Carlo è stato un bravo allenatore. Tenete presente che nei due anni che è stato alla Juventus con i due punti ha fatto una volta 72 e una volta 73. Immaginate cosa sarebbe successo se ci fossero stati i tre punti (in realtà nel 1999/2000 il sistema dei tre punti era già in vigore da cinque stagioni, ndr). E poi ha attraversato purtroppo un periodo in cui c’è stato il temporale di Perugia, che ci ha fatto perdere un campionato già vinto. Un arbitro che fa durare 74 minuti il tempo di recupero tra il primo e il secondo, non è mai successo. Io posso anche aver sbagliato a non ritirare la squadra, ma siccome ci dicevano che eravamo arroganti, proprio per dimostrare il contrario abbiamo tenuto la squadra lì a aspettare 74 minuti tra il primo e il secondo tempo, e poi abbiamo perduto la partita. Perché, in un campo del genere, è sempre più forte chi non sa giocare a pallone ma mena e corre, di chi sa giocare. Lì era una laguna, non un campo di calcio.
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Sotto il diluvio di Perugia la Juventus vede sfilar via lo Scudetto 1999/2000 a favore della Lazio
Napoli, quanto pesa il fattore Higuain…
Le chiediamo un giudizio sul Napoli degli ultimi anni che con Mazzarri, Benitez e Sarri è diventata una squadra di alto livello nel nostro campionato. Un po’ di merito lo condividiamo a tutti e tre i tecnici?
Io credo che il merito sia della società che ha portato il Napoli dalla serie C alla serie A, cioè il merito è per De Laurentiis e Pierpaolo Marino, che ne era il direttore. Questo credo che sia indiscutibile come merito. Poi ovviamente anche agli allenatori, però io quando si è in possesso di un giocatore come Higuain che segna 36 gol in un campionato l’anno scorso, e si finisce a 20 punti dalla prima (i punti di distacco sono stati in realtà 9, ndr), io credo che ci sia un difetto anche nell’allenatore. Magari mancanza di esperienza. Adesso se guardate il Napoli di ora e la paragonate con la Juventus, si nota un’inversione di rotta da parte dei partenopei. Partiamo dalla difesa e da Koulibaly, fortissimo perché agiva nei 20/25 metri. Adesso lui deve agire nei 60/70 metri ed è meno forte, come ha dimostrato nella partita con la Roma. Il centrocampo, che bastava verticalizzasse un passaggio anche di 30 metri e c’era all’appuntamento Higuain che la metteva in porta. Adesso che manca il giocatore che davanti può concludere le azioni del centrocampo, si viene a notare un qualcosa di strano che capita alle formazioni che non hanno appunto un Ibrahimovic o un Higuain che allungano le squadre nell’area avversaria. Per attaccare ora con i Mertens, i Gabbiadini e gli Insigne fanno più fatica, e creano dei vuoti a centrocampo in cui si insinuano gli avversari per dei contropiede devastanti. Se hanno preso 9 gol in tre partite penso che questo sia il loro problema principale, compresi difesa e portiere, autori di qualche svarione di troppo. La Juventus al contrario ti prende Higuain e cosa fa, incute timore a tutte le difese avversarie, ed ha un giocatore che oltre a allungare la squadra a centrocampo nell’area di rigore avversaria, sa anche ritornare ad aiutare la difesa. Non solo, anche a farla ripartire con un passaggio come è successo a Lione quando lo ha fatto con Cuadrado ed ha originato il gol. Quindi Higuain è un giocatore completo che al Napoli è venuto a mancare, ed è venuto a rinforzare la Juventus in un reparto d’attacco che, con Dybala, è di tutto rispetto. Per cui queste cose vanno nel campionato italiano a portare una squadra a distanza dall’altra. Possiamo dire che il Napoli ha preso 94 milioni, possiamo dire che la Juventus ha preso oltre 100 milioni di Pogba. Però in tutta franchezza, si è rinforzata la Juventus indebolendo il Napoli. Su questo non c’è dubbio. Il Napoli di adesso è un po’ in regresso, e faticherà molto specialmente nelle partite in casa. Non so se possa finire secondo in classifica, perché la Roma probabilmente è la meno peggio, non dico la meglio di quelle che possono seguire la Juventus a distanza (le quote bwin per la vittoria dello Scudetto dicono Juve a 1,25 e Roma e Napoli a 9,00, ndr).
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Higuain fa 36, Maurizio Compagnoni e Lele Adani - letteralmente - impazziscono
“All’Inter succedono troppe cose strane…”
Dell’Inter e dei cinesi di Suning cosa pensa? È destinata a tornare con questi nuovi investitori tra le prime tre del torneo?
Mah, all’Inter succedono troppe cose strane. L’ultimo caso di Icardi è emblematico. Probabilmente c’è qualcosa nei giocatori che li antepone alla società. Ai tempi in cui ero alla Juventus oppure nel Napoli, nessun giocatore si sarebbe permesso di scrivere quello che ha fatto Icardi nel suo libro. Quanto meno me lo avrebbe chiesto, io l’avrei letto, ma non credo neppure avrebbe pensato di scriverlo in quei toni. Per cui va ricercata anche la professionalità nella società. E succedono troppi casini, troppi casi strani, in una rosa che complessivamente ha tanti buoni giocatori, senza essere squadra. Perché ci sono dei vuoti, come quando si compra Kondogbia per 40 milioni, voglio dire si sbaglia tutto. E l’Inter ha sbagliato varie cose mentre poi ha preso Banega a parametro zero, e quello è un giocatore che può dare il la a qualcosa di importante. Quello è stato un vero affare per l’Inter, che con Banega ha potuto sostituire Kondogbia in una maniera buona. Il problema è stato aver preso Kondogbia per 40 milioni: significa non conoscere il calcio estero, questo è il punto focale della cosa. Quando si va alla ricerca degli stranieri, bisogna cercare quelli che servono, i nomi non contano. Bisogna cercare le caratteristiche per formare una squadra, e l’Inter di questo non ha mai tenuto conto.
Si ringrazia Luciano Moggi per la cortese disponibilità.
Intervista a cura di Francesco Montanari con la collaborazione di Massimiliano Riverso