Champions League 2021-22 trofeo
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Quanto guadagna chi vince la Champions League 2021-22? Tutte le cifre per Liverpool-Real Madrid e per le italiane

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L’edizione 2021-2022 della Champions League sta per sublimare nel suo atto conclusivo: la finalissima, in programma sabato prossimo allo Stade de France tra Liverpool e Real Madrid, che di coppe in bacheca ne hanno già 19 in due. Le due migliori squadre d’Europa, almeno secondo i verdetti della Champions League, si preparano a vivere la notte che contiene tutte le altre. Ma anche chi è già stato eliminato può già pregustare incassi da record, complice il montepremi più alto di sempre messo a disposizione dall’Uefa. Un tentativo estremo per mettere a tacere la corrente scissionista. Ma quanto guadagna chi vince la Champions League? E quanto guadagnano le italiane?

CHAMPIONS LEAGUE 2021-22
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Quanto guadagna chi vince la Champions League? L’Eldorado di un torneo in continua crescita economica

Sono due le competizioni che animato i sogni di ogni bambino che punta a diventare un calciatore di successo. La Coppa del Mondo e la Coppa dei Campioni. La definizione vintage scelta per quest’ultimo torneo è puramente voluta, dal momento che la sua successiva trasformazione nella Champions League è l’esemplificazione della trasformazione in chiave moderna e “materialistica” avuta dal gioco del calcio.

Per l’edizione 2022 della competizione, la numero 30 dopo la riforma che ne ha cambiato struttura e “etica”, l’Uefa ha incrementato come quasi ogni anno il montepremi messo a disposizione per le magnifiche 32 che hanno guadagnato l’accesso alla fase a gironi, portandolo a 2,02 miliardi di euro, contro l’1,95 del 2021.

Il tutto dall’alto della consapevolezza di un meccanismo ormai consolidato: la partecipazione (quasi) assicurata delle grandi d’Europa è un richiamo per le televisioni che si garantiscono ascolti importanti in grado a propria volta di assicurare visibilità agli sponsor del torneo che pagano profumatamente le tv stesse e la Uefa, pronte a propria volta a distribuire gli incassi ai club. Una ricetta semplice, alla base del successo e della popolarità di un torneo che prova a resistere alle imitazioni.

 

Quanto guadagna chi vince la Champions League?

Alzare il trofeo della Champions League 2022 al cielo di Parigi, nuova sede della finale che avrà luogo sabato 28 maggio dopo la fuga forzata da San Pietroburgo, varrà di conseguenza quanto mai prima. Assente forzato il PSG padrone di casa, eliminato dal Real Madrid, a far la parte del leone sarà proprio la Casa Blanca. La squadra di Ancelotti ha raggiunto la più imprevedibile delle sue finali nel modo più esaltante possibile, eliminando solo club di primissimo livello (PSG, Chelsea, ManCity) e sempre al termine di doppie sfide al cardiopalma. Ma ora c’è il Liverpool, altra squadra specialista della competizione, avendola vinta già sei volte. Per la terza volta – ed è un record assoluto – le due squadre si affronteranno nella finalissima di Champions League. Nel 1981 vinsero i Reds, nel 2018 fu la volta dei Blancos. E sarà anche la terza finale contro il Liverpool per Carlo Ancelotti, dopo le due disputate sulla panchina del Milan nel 2005 e nel 2007 (anche in questo caso, una sconfitta e una vittoria). Le quote sulla Champions League 2021-22 vedono favorita la squadra di Klopp, ma contro questo Real non si può certo abbassare la gabbia..

La cifra destinata al vincitore, tuttavia, non è quantificabile in maniera precisa, a causa della volatilità di due delle tante variabili che compongono il montepremi, i risultati delle singole partite e il market pool. Indicativamente, comunque, il massimo ricavabile parte dai 120 milioni e può arrivare fino ai 140.

Il ranking decennale

Entrando nel dettaglio, 15,64 milioni, ovvero il 25% del totale, sono entrati nelle casse di ciascuna delle 32 squadre che hanno partecipato alla fase a gironi. La suddivisione del resto della “torta” prevede un 60% equamente diviso tra i risultati e il ranking storico decennale, che si basa sul rendimento del club negli ultimi dieci anni e prevede una somma compresa tra un minimo di 1,1 e un massimo di 36,38 milioni, e il restante 15% per il market pool.

Il market pool

Proprio quest’ultima è la parte meno “comprensibile” e meno semplice da calcolare, ma anche quella più “moderna”. Si tratta di una cifra di 300,3 milioni, derivante unicamente dai diritti televisivi e classificata per nazioni, ovvero in base al rendimento delle singole società di ciascuna federazione alle quali va una quota fissa legata al piazzamento dell’ultimo campionato ed una variabile legata al cammino in Champions League.

I bonus-risultati

Per quanto riguarda i risultati, invece, ogni vittoria, nella fase a gironi o in quella ad eliminazione diretta, vale 2,8 milioni ed ogni pareggio 930.000 euro, mentre per le qualificazioni per i singoli turni in palio ci sono 52,7 milioni, così suddivisi: il pass per gli ottavi di finale vale 9,6 milioni, quello per i quarti 10,6, l’ingresso in semifinale 12,5 milioni e la partecipazione alla finale 15,5 milioni. A questo punto, finalmente, il prestigio di essere a un passo dalla gloria calcistica raggiunge, o quasi, l’importanza dei guadagni, dato che a dividere la finalista sconfitta e la vincitrice della competizione (le favorite e le quote sulla vincente della Champions League le trovate qui) sarà “solo” il bonus da 4,5 milioni garantito dalla Uefa a chi conquisterà il trofeo.

La Champions League che verrà: tra la riforma e lo spauracchio Superlega

Fin qui, l’attualità. Tuttavia, poco meno di un anno dopo i primi venti di scissione, la “grande frattura” è tutt’altro che un rischio scongiurato. Da una parte i padri fondatori della Superlega, sulla cui legittimità dovrà esporsi entro la fine dell’anno dalla Corte Europea. Dall’altra il progetto della nuova “super” Champions League, in vigore dal 2024 e costruita sul modello dell’Eurolega del basket, con 36 finaliste e una classifica unica, le prime otto agli ottavi e i playoff per decidere le altre qualificate. Un meccanismo volto ovviamente a far lievitare i ricavi che dovrebbero spingersi a 5 miliardi all’anno fino al 2027, il 40% in più della cifra attuale, mentre non è chiaro quali saranno le ripercussioni sul mondo delle scommesse sul calcio.

Un vortice di cifre, ma in realtà il tema di fondo della rivoluzione, attorno al quale ruota anche quello economico, è l’ambizione di creare una lega “semi blindata”, proprio come l’Eurolega, con una percentuale significativa di partecipazioni fisse per eludere il rischio che una o più annate negative nel proprio campionato costi l’esclusione dalla competizione anche per una sola stagione, con tutte le conseguenze economiche del caso. L’imprevedibilità insita per natura nello sport viene vista come un rischio non più accettabile dai grandi dell’industria pallone, consapevoli come il giro d’affari che gravita attorno al calcio mondiale non possa essere un processo retroattivo.

Del resto i milioni garantiti dalla partecipazione certa alla coppa dei grandi d’Europa darebbe anche più visibilità ai club in questione e si trasformerebbe in un volano motivazionale proprio per i campioni più affermati, consapevoli di potersi misurare ogni anno con i colleghi più famosi e attratti da ingaggi potenzialmente sempre più elevati. Un New Deal ben lontano dai sogni di quei ragazzi che una volta iniziavano a giocare a calcio sognando di vincere la Champions League.

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Crediti Immagine: Getty Images

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