Quanto influiscono gli scontri diretti sulla vittoria finale?
Quanto influiscono gli scontri diretti sulla vittoria finale?

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Dopo un weekend pieno di scontri diretti in Serie A, con le prime sei tutte scontratesi tra di loro ed il derby di Milano, sono venuti fuori verdetti. Ma quanto questi scontri diretti influiscono sulla classifica finale e sull’obiettivo da conseguire?

Abbiamo dato uno sguardo alle classifiche e ai club rivali negli ultimi 10 anni in Serie A, per intuire quanto gli scontri diretti tra esse avessero influito sul risultato finale. Il risultato lascia ancora qualche speranza aperta per il Milan, a -12 dallo scudetto e -7 dalla Champions, e per la Roma, a quota 15, ma con il match con la Sampdoria a Marassi da recuperare.

La Juventus ha ridisegnato il concetto di “sfida Scudetto”

Quello che emerge dall’analisi degli ultimi 10 anni di Serie A, quindi dalla stagione 2007/2008 all’ultima terminata, l’edizione 2016/2017, è che gli scontri diretti che valgono lo Scudetto non sono più così decisivi. A ribaltare il concetto è stata la Juventus. Possiamo dividere le lotte per il titolo in un pre e post Juventus 2011/2012. Se l’Inter di Roberto Mancini e, poi, di Josè Mourinho ha faticato contro la Roma per ottenere il titolo (ed i 3 punti di vantaggio sono stati dati proprio dal 4-1 dell’Olimpico nella stagione 2007/2008), è dal 2012/2013 che gli scontri diretti per laurearsi campioni d’Italia non sono stati più vincolanti, almeno non dal punto di vista numerico.

L’ultimo vero e proprio scontro c’è stato tra i bianconeri ed il Milan nel 2011/2012, primo dei sei titoli di fila ottenuti dalla Juventus. A decidere tutto, sono stati proprio i 4 punti ottenuti da Conte tra il match dello Juventus Stadium e l’1-1 di San Siro (con polemiche annesse per il celeberrimo gol di Muntari non convalidato sull’1-0 per gli uomini di Allegri, allora tecnico del Milan, che pure, nel 2010/2011, ha scucito lo scudetto dal petto dell’Inter grazie ai due successi nei derby (0-1 e 3-0).

Dal 2012/2013 in poi, però, vuoto totale. Nonostante i 4 punti nel doppio confronto contro il Napoli, la Juventus ha vinto il campionato con 9 punti di vantaggio. Addirittura imbarazzanti i distacchi nei due anni successivi: +17 sulla Roma, nonostante le due vittorie sui giallorossi nel 2013/2014 e i 4 punti l’anno successivo. Una vittoria a testa per i bianconeri ed il Napoli, invece, non hanno influito sugli 11 punti di vantaggio nei confronti degli azzurri. Infine, nonostante i 9 punti della Roma in 4 partite contro Napoli e Juventus, sono stati i bianconeri a vincere il loro sesto titolo di fila, con 7 punti negli scontri diretti ed un -2 dai giallorossi ininfluente di fronte al +4 finale. Per lo Scudetto, insomma, serve continuità: non basta battere la diretta concorrente, ma fare il più alto numero di punti possibile e con tutte.

Capitolo Champions League: cosa serve per raggiungere almeno i preliminari?

La situazione cambia radicalmente quando si tratta di conquistare il quarto (o, in alcuni anni), il terzo posto in classifica. Se nel 2007/2008 i 4 punti del Milan contro la Fiorentina non riuscirono ad evitare il quarto posto per la viola, nel 2008/2009 la differenza tra il secondo ed il terzo posto tra i rossoneri e la Juventus l’hanno fatta proprio gli scontri diretti. Con 4 punti contro 1, l’arrivo a pari punti premiò proprio i bianconeri. Lo stesso identico scenario si verificò per il quarto posto, allora valevole per i preliminari di Champions. Genoa e Fiorentina giunsero a pari punti a quota 68, ma i viola andarono al Playoff grazie all’1-0 del Franchi e al 3-3 del Ferraris, con i rossoblù avanti per 3-0.

Nel 2010/2011, Napoli, Udinese e Lazio si contesero terzo e quarto posto. Nonostante appena 3 punti in quattro partite, gli azzurri ottennero il terzo posto. Il preliminare, però, andò ai friulani, che chiusero a pari punti contro la Lazio nonostante i 3 punti a testa nel doppio confronto. A decidere l’ordine furono i due gol che i bianconeri segnarono all’Olimpico contro i biancocelesti. Clamorosa, invece, la bagarre per il terzo posto (unico valevole per i preliminari) nel 2011/2012. Ben 4 squadre: Udinese-Lazio-Napoli-Inter si contesero la Champions. A spuntarla furono di nuovo i bianconeri. E non è un caso che l’Inter, quella con meno punti nei 6 match contro le tre rivali, finì sesta in classifica.

Un’inversione di tendenza si ebbe nel 2012/2013: Fiorentina 4 punti, Milan 1. Il gol di Mexes a Siena, però, valse il +2 e la Champions, proprio quando i confronti diretti stavano per favorire i toscani. L’anno dopo, ci fu una vittoria a testa per Roma e Napoli, ma furono i giallorossi a chiudere secondi a +7. Ancora i giallorossi protagonisti: il derby a distanza, e non solo, con la Lazio fu vinto da Totti e compagni, che con 4 punti su 6 chiusero il campionato a +1: l’1-2 del ritorno fu decisivo per estromettere i biancocelesti. A difendere la teoria dell’importanza degli scontri diretti, infine, ci pensa il risultato della scorsa stagione. Con 3 squadre a contendersi il titolo, vinse la Juve grazie ai 7 punti raccolti. I 9 conquistati dalla Roma, quindi, furono inutili per lo Scudetto, ma fondamentali per conservare il secondo posto e la fase a gironi della Champions.

Un bilancio sull’importanza degli scontri diretti

In totale, tra Scudetto, secondo posto e Champions League, in questi 10 anni vi sono state 21 occasioni in cui gli scontri diretti hanno deciso un piazzamento. In 13 di questi, non è stato fondamentale aggiudicarsi il confronto con la rivale. Statistica che risente del dominio della Juventus. Gli altri 8, invece, hanno confermato la teoria che è meglio vincere contro le concorrenti che perdere. Ma i numeri parlano chiaro: perdere non è la fine del mondo. Una buona consolazione per il Milan, che non ha ancora vinto uno scontro diretto, e per la Roma, battuta in casa all’Olimpico da Inter e Napoli.

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