A quasi quarant’anni, e nel suo primo anno lontano dal campo, Christian Abbiati analizza il mondo che ha appena lasciato da giocatore in modo critico e concreto. Il portiere con il record di presenze nella storia del Milan riavvolge il nastro della sua carriera e si sbilancia sul derby della Madonnina di sabato, con una punta di nostalgia per i bei tempi che furono.
Il tuo esordio in Serie A con il Milan avvenne a 21 anni compiuti dopo molta gavetta…
In effetti sì, l’ho fatta proprio tutta. Ma credo che sia a quell’epoca sia adesso sia normale esordire a 21 anni.
Eppure Donnarumma è titolare al Milan da oltre un anno e ne ha appena 18…
Donnarumma è un caso eccezionale, incomparabile con gli altri. Nel mio caso ho preferito fare tutta la gavetta in C piuttosto che giocare in primavera al Milan, poi sono andato al Monza, col quale saliti in B e ho giocato un campionato. Solo allora sono stato finalmente acquistato dal Milan, dove andai come terzo portiere dietro Sebastiano Rossi e Jens Lehmann.
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Christian Abbiati, ai tempi della sua prima stagione con il Milan nel 1998/99
Come ricordi il giorno in cui entrasti a San Siro per la prima volta?
Dopo l’addio di Lehmann ero ormai il secondo e l’espulsione di Rossi mi aprì le porte della Serie A. Credo che in quel momento fui ripagato del lavoro fatto nei primi tre mesi. Sapevo di essermi comportato bene e di essere all’altezza. Ero riuscito a coronare un sogno.
Deve essere stato speciale ritrovarsi a comandare una difesa con due totem come Costacurta e Maldini…
In realtà notai subito che era tutto più facile, avevo davanti gente con tanti trofei vinti e esperienza alle spalle, e ciò mi aiutò non poco. Anche perché poi a quell’età rischi di più, sei giovane e non pensi al giudizio degli altri, sei più spregiudicato.
Da Perugia a Perugia. Dopo il tuo esordio a San Siro fu al Curi che un tuo intervento diede lo Scudetto al Milan…
Sicuramente è stata la parata più significativa della mia carriera. Era a fine partita e fu decisiva per la vittoria dello Scudetto, anche se mi sono reso conto dell’importanza di quella parata solo nel corso degli anni, rivedevo le immagini e dicevo “cazzarola, sono stato proprio bravo lì”…
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La parata-scudetto di Abbiati contro il Perugia, nell'ultima giornata del campionato 1998/99
In quel Milan in allenamento dovevi vedertela con un certo George Weah e poi arrivò un certo Andriy Shevchenko. Quali tra i due preferisci?
George era particolare, un funambolo, e dopo tanto tempo in Italia diceva tre parole in italiano. Sheva invece era straordinario, era forte fisicamente, veloce e si inserì subito, tanto è vero che vinse il titolo di capocannoniere al suo primo anno in rossonero e fino al suo passaggio al Chelsea nel 2006 ebbe un rendimento eccellente. Se mi chiedono chi preferisco tra i due scelgo sicuramente lui per le tante gioie che abbiamo condiviso.
E che mi dici delle punizioni che ti calciavano Boban e Albertini?
Si tratta di due grandi campioni. È difficile fare dei paragoni perché ho giocato e conosciuto da vicino molti grandi calciatori e non posso ricordarli tutto. Ma la cosa più importante era che quei due erano grandi uomini prima che calciatori. Sicuramente tra i due Demetrio (Albertini ndr) aveva il tiro più forte, mentre Boban amava piazzarla.
Com’era l’ambiente nel tuo primo Milan (dal 1998 al 2005)?
Eravamo un gruppo di amici. Io avevo legato molto con Gattuso e Brocchi, eravamo gli unici a dormire in tre nella stessa stanza, che finì col diventare un po’ il ritrovo di tutti negli anni di Ancelotti. Eravamo un po’ gli animatori del gruppo, diciamo anche gli ‘scemi’…
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Un undici titolare del Milan nella stagione 1999/2000, anno del centenario. Da sinistra a destra, in piedi: Maldini, Serginho, Ayala, Bierhoff, Abbiati, Shevchenko. Accosciati: Helveg, Leonardo, Gattuso, Albertini, Costacurta
Chi è stato l’allenatore più importante della tua carriera?
Uff, ce ne sono tanti, ma ne nomino tre. Zaccheroni perché mi ha lanciato, Ancelotti perché con lui c’è stato il Milan più bello di tutti e Allegri perché con lui io e il Milan abbiamo vinto l’ultimo Scudetto.
Torniamo a Donnarumma, che ha esordito a 16 anni. È un giovane destinato a una grande carriera?
Credo che a questo punto sia quasi un portiere consolidato e affermato. È già alla sua seconda stagione, sta facendo bene e ha ampi margini di miglioramento.
Ti rivedi un po’ in lui?
In parte sì. Abbiamo la stessa struttura fisica e anche lui da terzo portiere è diventato titolare, anche se il suo potenziale è più elevato rispetto al mio. È un portiere che ho visto crescere e con il quale mi sono allenato l’anno scorso ogni giorno. Al momento del suo debutto ci siamo proprio consultati con Sinisa. Eravamo nei pressi della panchina ed eravamo d’accordo sul fatto che fosse pronto e non abbiamo dubitato un attimo a farlo entrare.
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Passaggio di testimone in casa Milan
Come stai vivendo la vicenda del possibile cambio di proprietà del Milan?
È difficile vedere il Milan senza Berlusconi e Galliani, perché stiamo parlando di trent’anni di successi ma se deve essere per il bene del Milan allora spero vada in porto. L’importante è che ci sia un progetto. E a questo punto spero che si concretizzi questo famoso ‘closing’, se no finisce col diventare tutto una barzelletta…
Che ne pensi del gioco di Montella?
Peso che abbia buone idee di gioco e che le stia mettendo in pratica. Si tratta di un progetto importante con i giovani e sta facendo bene, quindi credo sia giusto che rimanga al comando della squadra.
Il derby di Milano del prossimo sabato è molto diverso da quelli che giocavi tu…
Già il fatto che giocano alle 12.30 la dice tutta! I miei derby valevano qualcosa di importante, mentre adesso Milan e Inter si giocano un posto in Europa League, qualcosa di meno prestigioso rispetto a prima, ma credo che sarà comunque una bella partita.
Il tuo derby preferito di sempre?
Senza dubbio la semifinale di ritorno di Champions 2002-03, quando finì 1-1 passammo il turno, per poi vincere a Manchester contro la Juve.
Un pronostico per la partita di sabato?
2-1 per il Milan. Segnano Bacca, Romagnoli e Gagliardini.
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Una delle foto più iconiche della carriera di Abbiati al Milan, che a San Siro festeggia la qualificazione dei rossoneri alla finale di Champions 2002/03 (poi vinta ai rigori contro la Juventus)
Intervista a cura di Antonio Moschella e Massimiliano Riverso