Marcelo Bielsa, il calcio secondo
Marcelo Bielsa, il calcio secondo

Marcelo Bielsa, il calcio secondo “El Loco”

C’è un motivo per cui Marcelo Bielsa viene considerato uno dei più grandi allenatori al mondo dalla maggioranza degli appassionati e addetti ai lavori: nonostante un palmares piuttosto scarno e alcuni inevitabili passaggi a vuoto, il tecnico argentino ha infatti lasciato un segno indelebile nella storia del calcio, registrando imprese memorabili e ispirando alcuni dei più grandi tecnici in circolazione. Oggi, alla guida del Leeds United, El Loco è pronto a stupire ancora.

Marcelo Bielsa tra mito e leggenda

Si dice che all’inizio della carriera, quando ancora allenava il Newell’s Old Boys, Marcelo Bielsa fosse ancora più ossessionato dal calcio di come lo sarebbe stato in futuro. Una vera e propria follia, che non solo lo portava ad arrampicarsi sugli alberi per osservare meglio i movimenti dei suoi durante gli allenamenti, ma che addirittura lo perseguitava giorno e notte. Poteva infatti capitare che in qualsiasi momento, folgorato da un’idea improvvisa, chiamasse a raccolta inservienti, parenti e vicini di casa per poi “schierarli” in giardino e valutare l’efficacia della nuova illuminazione.

È probabile che si tratti soltanto di una leggenda urbana, una delle tante che circondano un calcio sudamericano da sempre fonte inesauribile di storie, ma quello che è certo è che questa storia descrive perfettamente Marcelo Bielsa, soprannominato El Loco (“il pazzo”) non a caso, 5 titoli conquistati in una carriera trentennale eppure considerato da molti uno dei più grandi allenatori in circolazione. Una figura quasi mitologica, tra i principali protagonisti del campionato più seguito al mondo.

Un maestro di calcio e non solo

Il suo posto in Premier League Marcelo Bielsa se lo è preso conquistando il suo 5° titolo in carriera, la Championship 2019/2020, vinta dal suo Leeds con 10 punti di vantaggio sul West Bromwich Albion. Nel mito del calcio inglese era entrato invece già l’anno precedente, quando appena arrivato alla guida dei Peacocks si era presentato a suo modo ordinando ai giocatori di contribuire per tre ore alla pulizia dello stadio. Una scelta bizzarra, forse, utile però per far capire loro i sacrifici che un tifoso deve sostenere ogni settimana per potersi permettere di venire allo stadio, seguito dall’ordine – alcuni mesi più tardi e in una gara decisiva – di incassare una rete di proposito dopo aver segnato con un avversario a terra. Un gesto che gli era valso il premio fair play della FIFA e le inevitabili critiche di chi lo accusava di eccessivo protagonismo.

Certo è che raccontato così, con questi aneddoti, Marcelo Bielsa può sembrare al massimo un personaggio pittoresco, quasi nostalgico in un calcio moderno che vuole tecnici sempre più standardizzati. Non è così. Alla follia ossessiva che gli è valsa il soprannome con cui è noto, infatti, El Loco ha sempre saputo abbinare una leadership ineguagliabile, che ha spesso spinto i suoi giocatori a seguirlo nel suo sogno visionario, quello di un calcio bellissimo e vincente. Un calcio totale nel vero senso del termine, istintivo e allo stesso tempo super organizzato, la perfetta sintesi da quello super offensivo di Menotti e quello distruttivo di Bilardo, i due allenatori che per anni hanno diviso l’Argentina con le loro opposte filosofie.

(Photo by George Wood/Getty Images)

L’ossessione del Loco

Marcelo Bielsa vive il calcio in modo totalizzante, ossessivo. E certo non lo nasconde. Lui stesso ha raccontato di aver visionato in tutta la sua vita oltre 5o.ooo partite, di aver percorso oltre 24.000 chilometri in auto per cercare i migliori giovani per il suo Newell’s Old Boys, un pittoresco incrocio tra scout e formatore, psicologo e allenatore. Forse è una leggenda urbana quella dei parenti e vicini chiamati a raccolta nel giardino di casa, forse lo è anche quella che narra l’esistenza di un regolare campo da calcio personale nella sua villa di Rosario. Ma è certo che non esiste un secondo del giorno in cui il pensiero del Loco non sia rivolto al gioco, all’obiettivo finale.

Sarebbe sbagliato pensare che Bielsa non insegua il successo, come è sbagliato pensarlo di tutti i tecnici considerati “santoni” solo perché innamorati della propria idea calcistica e pronti a battersi anima e cuore per difenderla. Bielsa vuole vincere come tutti, soltanto che come i grandi allenatori che prima di lui hanno lasciato il segno nella storia del calcio intende farlo alla sua maniera, senza scendere a compromessi con nessuno e tantomeno con se stesso, con la stessa fervida e innocente passione che a 15 anni lo spinse a lasciare casa per prendere a calci un pallone.

Ne è valsa la pena, se è vero che come dice il grande giornalista inglese Jonathan Wilson “nessun allenatore sudamericano ha avuto il suo impatto nel calcio in questo inizio di secolo”. È sempre Wilson a riportare una famosa frase del Loco, pronunciata pare ai tempi del Vélez Sarsfield e che riassume benissimo la fiducia che ripone nella sua preparazione tattica.

Se i calciatori non fossero umani non perderei mai.

Marcelo Bielsa, grande tra i grandi

Chi ama le quote delle scommesse sul calcio conosce sicuramente il potenziale offensivo delle squadre di Bielsa. Ovunque sia stato ha sempre cercato di creare gioco e spettacolo, arrivando ad attaccare costantemente con almeno 7 uomini di movimento su 10. Abile nell’adattarsi all’avversario e alla gara, nonostante sia considerato un integralista, è difficilmente abbinabile a un modulo di riferimento: si parla di 3-3-1-3 e di 4-1-4-1, numeri che sono importanti – lui stesso ha concluso dopo anni di studio che nel calcio esistono 28 moduli tattici, non uno di più e non uno di meno – ma che non restituiscono l’idea di un’idea calcistica in costante evoluzione.

Klopp e Guardiola, considerati oggi i più grandi allenatori al mondo, non mancano di omaggiarlo. Il tedesco, dopo aver battezzato l’esordio del Loco in Premier con un pirotecnico successo per 4-3 del suo Liverpool, ha detto che mai si era divertito tanto e che quello messo in mostra dal Leeds era il calcio nella sua massima espressione; lo spagnolo lo ha sempre inserito tra i suoi punti di riferimento, quasi al livello del maestro Cruijff. Attestati di stima arrivano anche da molti altri colleghi come Sampaoli (un vero e proprio allievo) e Zidane, incantati dalla visione di Marcelo Bielsa e dal suo modo di vivere il calcio e la vita.

Hombre vertical

Un vero hombre vertical, che non si fa problemi a lasciare l’Argentina dopo l’oro olimpico del 2004 e a fare lo stesso con il Cile nel 2011, nonostante un popolo intero lo preghi di restare, non volendo neanche immaginare un futuro senza di lui. Nel 2016 potrebbe diventare uno dei protagonisti indiscussi del calcio italiano quando firma con la Lazio, ma se le sue idee avrebbero o meno funzionato anche nella terra del tatticismo per eccellenza non lo sapremo mai: l’accordo con Lotito dura lo spazio di due giorni, prima che divergenze sul mercato portino a un’immediata separazione. Marcelo Bielsa non arriverà mai a Roma.

In compenso un anno più tardi è di nuovo in Francia, stavolta al Lille. Resterà sei mesi, il tempo di rivoluzionare la squadra e rendersi conto che spogliatoio e dirigenza non sono pronti a seguirlo in tutto e per tutto. Quando viene a sapere che un caro amico in Cile è malato terminale decide di andare a trovarlo, sfidando il veto del club che lo licenzia. Una storia che la dice lunga sulla personalità e sulla scala di valori del Loco.

Un murales a Leeds che omaggia Marcelo Bielsa nella posa del Cristo Redentore. (Photo by Visionhaus/Getty Images)

Dove può arrivare il Leeds di Bielsa?

Nelle quote della Premier League il Leeds veniva inserito a inizio stagione tra le squadre destinate a lottare per non retrocedere, sorte capitata abbastanza spesso nelle ultime stagioni a club neopromossi e in difficoltà nell’adeguarsi all’altissimo livello del massimo campionato inglese. Bielsa non ha chiesto grandi nomi, ma giocatori utili alla causa: sono arrivati il portiere francese Meslier, i centrali Koch e Diego Llorente, due ali rapide e tecniche come Helder Costa e Raphinha. Nelle prime 6 giornate il Leeds ha conquistato 10 punti, e per quanto mostrato in campo la salvezza appare scontata e la parte sinistra della classifica tutt’altro che irraggiungibile.

Si tratterebbe di un risultato notevole, forse la base per un finale di carriera ricco di soddisfazioni per un allenatore che a 65 anni non può vantare il palmares dei più grandi ma che è riuscito comunque a entrare nella storia del tanto amato futbol grazie a passione, dedizione, costanza e una preparazione che non può essere messa in discussione: come tutti i più grandi geni visionari inseguirà la perfezione anche – e soprattutto – se questa sembrerà irraggiungibile. Da appassionati non possiamo fare altro che sperare che continui a farlo il più a lungo possibile.

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