Doveva essere una sessione di calciomercato in tono minore, causa crisi economica generalizzata in epoca di pandemia. E in un certo senso lo è stata, almeno considerando il volume d’affari complessivo, perfino per la sfarzosa Premier League, figuriamoci per la nostra Serie A. Ma dal punto di vista emotivo ha finito per essere la più sensazionale, rivoluzionaria e divertente finestra di mercato da molti anni a questa parte.
Calciomercato 2021: l’ombra di una crisi meno grave del previsto?
Secondo l’ultimo rapporto di Deloitte, durante la pandemia di Covid-19 che ha sconvolto il pianeta, il calcio europeo ha conosciuto un calo del 13% sul fatturato totale, il primo calo dopo la grande crisi finanziaria del 2008. In virtù di questo crollo dei fatturati, che come sappiamo è stato alla base del disperato golpe primaverile della Superlega, poi subito abortito, nelle attese degli osservatori e degli appassionati di quote sul calciomercato, la sessione 2021 avrebbe dovuto caratterizzarsi per un sostanziale immobilismo, (relativamente) pochi movimenti e soprattutto un volume d’affari complessivo tutto sommato limitato. Un anno di transizione, insomma, in attesa di tempi più propizi. Ma non è andata esattamente così.
Intendiamoci, il calo c’è stato. Non omogeneo, chiaramente, ma ha interessato un po’ tutti, inclusa l’onnipotente Premier League. Nel 2021 il calcio inglese ha investito un totale di 1,28 miliardi di euro, una cifra enorme ma comunque inferiore dell’11% rispetto a quella dell’estate 2020 (1,51 milliardi), la quale a sua volta era stata del 9% inferiore a quella record del 2019 (1,63 miliardi). Ed è interessante notare come la diminuzione della spesa sia, in termini percentuali, vicina a quella nei fatturati calcolata da Deloitte.
Clamorosa, tuttavia, resta la sproporzione tra Premier League e le altre leghe. La seconda in classifica in questa particolare graduatoria è la nostra Serie A, con investimenti complessivi pari a 550 milioni di euro, meno della metà rispetto agli inglesi. E la differenza si fa ancora più clamorosa se si considera la spesa netta: in Premier è stata pari a 650 milioni di euro, in Liga è stata di 65 e in Italia di 58. Meno di un decimo. Nell’anno della Brexit e del football che ha preferito andare a Roma in vacanza invece che tornare a casa sua, una bella rivincita per gli inventori del beautiful game.
L’estate dei colpi folli, del parametro zero e delle commissioni fuori controllo
Ciononostante, il calciomercato 2021 verrà ricordato per alcuni dei trasferimenti più fragorosi che si siano visti nel nuovo millennio. Non si ricordano annate precedenti a questa in cui hanno cambiato casacca, a un paio di settimane l’uno dall’altro, i due giocatori più celebrati e vincenti al mondo. Vero, Leo Messi ha lasciato il Barcellona a parametro zero e Cristiano Ronaldo ha mosso “soltanto” 15 milioni di euro dalle casse del Manchester United a quelle della Juventus. Cioè nulla rispetto ai 222 milioni di euro scuciti da Nasser Al Khelaifi nel 2017 per strappare Neymar al Barcellona. Ma dal punto di vista tecnico, emotivo e delle scommesse sportive si è trattato di un autentico tsunami.
Non sono mancati agli appelli nemmeno i classici colpi milionari. Il Chelsea campione d’Europa, per esempio, si è (ri)portato a casa Romelu Lukaku, versando all’Inter un obolo da 115 milioni di euro. E il Manchester City campione d’Inghilterra ha risposto prelevando Jack Grealish dall’Aston Villa, dietro pagamento di 117,5 milioni di euro. E ancora: Jadon Sancho dal Borussia Dortmund allo United per 85 milioni, Achraf Hakimi dall’Inter al PSG per 60 milioni, e persino Ben White dal Brighton all’Arsenal per 58 milioni.
Quasi tutti movimenti che hanno coinvolto club di Premier League. Eppure, la regina incontrastata del mercato 2021 è un’altra e si chiama PSG. Invece che distribuire petrodollari ai vari club europei, com’era abituato a fare nel recente passato, il club di Nasser Al Khelaifi questa volta ha preferito ricoprire d’oro i giocatori e i loro agenti (a proposito: secondo lo stesso rapporto di Deloitte, in 10 anni le commissioni totali dei procuratori sono aumentate del 388%, il che meriterebbe più di una riflessione). Oltre a Leo Messi, hanno ceduto alla corte del PSG il capitano del Liverpool, Georginio Wjinaldum, il capitano del Real Madrid, Sergio Ramos, e il capitano del Milan, Gianluigi Donnarumma. E non sorprende che quest’anno il PSG abbia potuto presentare la più autorevole candidatura alla vittoria della prima Champions League della sua storia.
L’anno zero del calciomercato italiano
In Italia, come detto, si è respirata un’aria decisamente diversa dalla Premier League e dall’isola felice in mezzo alla Senna. I due colpi più importanti da un punto di vista economico, comunque, riguardano giocatori provenienti dall’Inghilterra, e più precisamente da Londra sponda Chelsea: Tammy Abraham, che la Roma ha pagato 40 milioni di euro, e Fikayo Tomori, che il Milan ha riscattato per una cifra di poco superiore ai 29 milioni di euro.
Non contando i prestiti con diritto/obbligo di riscatto –come Locatelli alla Juventus, o Brahim Diaz al Milan – in quanto passibili di ripensamenti o rinegoziazioni (vedi caso Tonali) e comunque non immediatamente messi a bilancio nell’interezza del loro valore economico, in Serie A ci sono stati soltanto altri due trasferimenti superiori ai 20 milioni di euro. Quelli riguardanti Nico Gonzalez, passato dallo Stoccarda alla Fiorentina per 23,5 milioni, e quello di Juan Musso, dall’Udinese all’Atalanta per 20 milioni, il più ingombrante dei trasferimenti intra-nazionali.
Nella Top 10 degli acquisti più onerosi della Serie A, brilla un dato su tutti: l’assenza della Juventus, cioè la principale big spender italiana dell’ultimo decennio, e il presidio soltanto marginale delle milanesi, col Milan presente solo con Tomori e Maignan (13 milioni dal Lilla) e l’Inter con il solo Dumfries (12 milioni dal PSV). Un altro segnale dei tempi che cambiano. E forse non è un caso che, come suggeriscono le quote scudetto, quello appena iniziato prometta di diventare uno dei campionati più equilibrati, e dunque appassionanti, degli ultimi anni.
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